Durante la pandemia da Sars-Cov-2 in Italia si è registrato un brusco rallentamento della diagnostica relativa al tumore della mammella, necessaria per battere la malattia sul tempo. A dare un quadro chiaro della situazione e focalizzare l’attenzione sui punti chiave di questo argomento è il Dr Domenico Gerbasi, Dirigente Medico Resp. U.O.S.D. di Chirurgia Senologica dell’Asst Bergamo Est di Seriate (convenzionata con il Centro Medico M.R. di Gorle, alle porte di Bergamo).
Oltre ad essere un chirurgo oncologo e ricostruttore della mammella, il Dottor Gerbasi dedica parte della sua attività lavorativa quotidiana nella ricerca diagnostica del tumore mammario e da gennaio è operativo anche presso il Centro Medico M.R di Bergamo. Per quanto riguarda l’incidenza della diagnosi precoce sulla guarigione dalla malattia «il tumore della mammella – spiega – condivide con altri tipi di neoplasie il fatto che una diagnosi precoce favorisce un risultato finale di cura ottimale, ma, diversamente da altri tumori, i numeri delle guarigioni da tumore mammario, per fortuna, sono elevatissimi: valori vicini al rassicurante 90% e addirittura oltre per i tumori millimetrici diagnosticati sul nascere. In altre parole, ciò non vuol dire: “Io non faccio la prevenzione, tanto di tumore mammario oggi si guarisce”, ma esattamente il contrario, cioè che le più alte percentuali di guarigione completa le registrano quelle donne che si controllano con regolarità. Il tumore mammario durante il suo sviluppo nel corpo di una donna è subdolo: il più delle volte non dà sintomi o campanelli di allarme come dolore, malessere, dimagramento. Nella maggioranza dei casi la diagnosi arriva in donne totalmente asintomatiche in apparente benessere e pertanto ignare della reale situazione».
Il Covid ha di fatto rallentato la possibilità di ottenere diagnosi precoci e molti report, tra cui quelli dell’osservatorio di Salutequità, hanno indicato numeri preoccupanti relativi alla diagnostica oncologica senologica: nel solo periodo gennaio – giugno 2020 si sono registrate in Italia 472.000 mammografie di screening in meno (-53,8%). L’impatto della pandemia sul nostro sistema sanitario, più in generale, ha fatto altresì registrare nello stesso periodo 9 milioni 600 mila visite specialistiche in meno e una riduzione del 40% delle attività ospedaliere per i malati non Covid.
«Tutti questi dati, che vengono continuamente aggiornati e monitorati dai centri di analisi statistiche del Ministero, preoccupano molto noi addetti ai lavori, poiché denunciano palesemente la necessità di recuperare al più presto il tempo perduto con importanti strategie congiunte di ripartenza immediata e potenziamento dei servizi diagnostici e terapeutici da offrire alla popolazione italiana. In campo oncologico, infatti, la tempestività di trattamento chirurgico o medico è il secondo punto chiave per ottenere una guarigione dal tumore mammario, associato, come dicevamo, alla diagnosi precoce: dunque non si può perdere tempo – sottolinea il dott. Gerbasi -. La visita è un momento importante spesso conclusivo e decisivo nella diagnostica: grazie ad un’accurata palpazione evidenzia bene ad esempio segni cutanei di alterazioni neoplastiche o tumori superficiali a bassa densità radiologica che possono talvolta ingannare una mammografia o un’ecografia, oltre ad orientare una paziente ad un approfondimento bioptico o chirurgico escissionale in caso di sospetto. Oggi, tuttavia, le donne sono consapevoli che sottoporsi con regolarità, per la prevenzione del tumore al seno, a semplici esami e visite di specialisti qualificati, le può mettere al riparo da pericolosi ritardi diagnostici».
E riguardo a modalità e tempistiche e alla confusione su come e quando effettuare gli esami diagnostici per la prevenzione del tumore mammario, «oltre i 40 anni la mammografia associata ad ecografia mammaria e visita senologica, secondo vari studi, rappresentano un “unico” esame multiforme: se associati, l’accuratezza diagnostica è elevatissima – prosegue l’esperto -. Mi spiego meglio: la maggior parte dei tumori si può spesso evidenziare con una semplice mammografia, esame molto “sensibile”, ma alcune neoplasie sfuggono a questo esame e necessitano di integrazione con ecografia e visita senologica. Questo a volte dipende dalla conformazione della mammella stessa. La sensibilità della mammografia nello “scovare” i noduli tumorali si riduce al 62% in seni densi giovanili contro l’87% in seni adiposi. La mammografia ha, infatti, un discreto numero di falsi negativi, non diagnosticando circa il 20% dei tumori mammari, di cui 9% già palpabili. La sua sensibilità è ancora più bassa in fase di stadiazione preoperatoria, rischiando di non diagnosticare ulteriori focolai tumorali multifocali e multicentrici di malattia causando un trattamento non adeguato e per questo si deve associare ad ecografia o Risonanza Magnetica. Ecco perché spesso il radiologo che redige un referto mammografico consiglia di effettuare anche un esame ecografico, magari con consulto specialistico senologico a completamento diagnostico, il più delle volte perché ha rilevato un disturbo alla lettura della lastra causato dall’estrema densità della ghiandola mammaria, che abbassa notevolmente l’accuratezza diagnostica».
E se prima dei quarant’anni è sufficiente un controllo annuale con ecografia e visita senologica, «nelle donne ultraquarantenni in età fertile è consigliabile un completo esame diagnostico senologico di prevenzione a cadenza annuale, comprendente anche la mammografia, fino a quando poi la lettera di invito a partecipare allo screening biennale, in post-menopausa, provvede a ricordare tale importante appuntamento – conclude il dott. Gerbasi -. Oggi, infatti, lo screening mammografico, grazie ad un’imponente strategia organizzativa sul territorio, è stato rimodulato, focalizzandosi con una cadenza annuale dai 45 ai 50 e poi biennale fino ai 74 anni».