Giovani veneti in fuga all’estero: nel 2023 ne sono partiti oltre 3700

Nel 2023, 3.759 giovani veneti si sono trasferiti all’estero, un dato allarmante che evidenzia la crisi di attrattività della regione

Il Veneto sta vivendo una significativa emorragia di giovani che, tra i 18 e i 34 anni, scelgono sempre più frequentemente di trasferirsi all’estero. Secondo i dati diffusi dalla Fondazione Nordest, nel 2023 sono stati 3.759 i giovani espatriati dalla regione, un numero secondo solo alla Lombardia (5.760), ma molto rilevante in proporzione alla popolazione locale. Dopo il rallentamento causato dalla pandemia tra il 2020 e il 2021, la fuga all’estero è ripresa con forza. Tra il 2011 e il 2023, il saldo migratorio del Veneto ha visto la perdita di 34.896 persone in questa fascia d’età, con l’80% di loro diretto verso altri Paesi dell’Unione Europea.

Nel 2023, il saldo migratorio negativo del Veneto è stato di meno 3.759, un peggioramento rispetto agli anni della pandemia, in cui il saldo era più contenuto. L’Emilia Romagna, una regione simile per struttura economica e sociale, ha registrato un saldo negativo di poco più di 21.000 persone nello stesso periodo, con una perdita di 2.188 giovani nel 2023. Anche regioni del Sud, come la Campania, hanno visto una minore emorragia di giovani rispetto al Veneto, con un saldo negativo di 32.800 persone tra il 2011 e il 2023.

Le cause della fuga

Le ragioni di questa fuga sono molteplici e trovano radici in diverse fragilità strutturali del territorio. Massimiliano Paglini, segretario regionale della Cisl, evidenzia alcune criticità: l’emergenza abitativa, il welfare insufficiente e un sistema di trasporti inadeguato sono tra i principali fattori che rendono il Veneto poco attraente per i giovani. La mancanza di case accessibili è un problema prioritario: nel Veneziano, ad esempio, si contano 132.000 abitazioni sfitte, un dato che riflette la mancanza di politiche abitative efficaci negli ultimi vent’anni.

In confronto, Paesi come l’Olanda hanno investito in alloggi a prezzi calmierati per i giovani, mentre in Veneto le abitazioni rimangono spesso fuori dalla loro portata. Paglini sottolinea anche l’inadeguatezza del sistema dei trasporti: la Metropolitana di superficie, tanto discussa, non è mai stata realizzata, e il trasporto pubblico locale non è integrato con l’Alta Velocità, complicando gli spostamenti e la mobilità.

Impatto economico e demografico

La perdita dei giovani ha conseguenze drammatiche per il sistema socio-economico del Veneto. Luca Paolazzi, direttore della Fondazione Nordest, avverte che questa tendenza mette a rischio la piena partecipazione dell’Italia alle transizioni verde e digitale, riduce la natalità e limita la capacità del sistema economico di adattarsi ai cambiamenti. Meno giovani significa meno innovazione, meno imprese e minori investimenti, creando un circolo vizioso che rischia di frenare la crescita della regione.

Il Veneto, a differenza di regioni come l’Emilia Romagna o il Trentino-Alto Adige, non riesce a compensare questa perdita con un afflusso significativo di immigrati dall’estero o da altre parti d’Italia. La regione risulta meno attrattiva, sia per la popolazione interna che per quella proveniente da altre aree, aggravando ulteriormente il problema demografico.

Soluzioni possibili

Per affrontare questa crisi, sono necessari interventi strutturali che riguardino non solo le politiche abitative, ma anche il miglioramento del welfare e dei trasporti. Paglini insiste sulla necessità di investire in un sistema di mobilità integrato, che possa agevolare lo spostamento delle persone e favorire la connessione tra le diverse aree del territorio. Parallelamente, l’attrattività del Veneto deve essere potenziata, migliorando i servizi di supporto alla natalità e creando opportunità economiche per trattenere i giovani nella regione.

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