Covid-19: nel 2021 -57,2% di denunce all’Inail per contagi sul lavoro

Tra gennaio e ottobre del 2021 i contagi sul lavoro causati dal Covid-19, denunciati all’Inail, sono stati inferiori del 57,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020. Lo fa sapere il 21esimo report nazionale della Consulenza statistico attuariale dell’Istituto, pubblicato insieme alla versione aggiornata delle schede di approfondimento regionali. Dall’inizio dell’anno, fino al 31 ottobre 2021, le infezioni di orine professionale segnalate dall’Inail sono state 183.147, un sesto del totale delle denunce di infortunio arrivate da gennaio 2020 e il 3,8 per cento dei contagiati nazionali comunicati all’Istituto superiore della sanità alla stessa data.

Rispetto ai 181.636 casi registrati al 30 settembre 2021 ci sono, dunque, 1.511 casi in più (+0,8 per cento), di cui 619 riferiti a ottobre, 254 a settembre e 117 ad agosto; gli altri 521 riguardano per il 63,5 per cento gli altri mesi del 2021 e il 36,5 per cento il 2020.

Il 2020, con 148.216 infezioni totali denunciate raccoglie l’80,9% degli infortuni da Covid-19 pervenuti da inizio pandemia, con i mesi di novembre (40.536 denunce) e marzo (28.671) ai primi due posti per numero di casi. Il 2021, con 34.931 contagi denunciati in 10 mesi, al momento pesa invece per il restante 19,1%. Da febbraio di quest’anno il fenomeno è in significativa discesa e i 237 casi di giugno, sebbene ancora provvisori, rappresentano il minor numero di contagi mensili registrati dall’anno scorso, sensibilmente inferiore anche al precedente minimo osservato a luglio del 2020 (con poco più di 500 casi).

Le morti sul lavoro per coronavirus denunciate all’Inail dall’inizio della pandemia sono 782, oltre un quarto dei decessi denunciati da gennaio 2020, con incidenza dello 0,6 per cento rispetto al totale dei decessi nazionali comunicati all’Iss alla stessa data.Rispetto ai 762 casi rilevati dal monitoraggio dello scorso 30 settembre, i decessi sono 20 in più, di cui uno avvenuto a ottobre e i restanti 19 riconducibili ai mesi precedenti (13 avvenuti nel 2021 e 6 nel 2020). Il 2020 con 559 decessi da Covid-19 raccoglie il 71,5% di tutti i casi mortali da contagio sul lavoro pervenuti fino al 31 ottobre di quest’anno, con il mese di aprile al primo posto per numero di deceduti (195), seguito da marzo (140). Il 2021, con 223 decessi nei primi 10 mesi, al momento pesa invece per il 28,5% sul totale delle infezioni di origine professionale con esito mortale.

Abbiamo il 42,3 per cento delle denunce al Nordovest (Lombardia prima con il 25,1 per cento), poi c’è il Nordest con 24,6 per cento (Veneto al 10,5 per cento), il Centro con il 15,3 per cento (Lazio 6,7 per cento), il Sud con il 12,9 per cento (Campania 5,9 per cento) e le Isole con il 4,9 per cento (Sicilia 3,3 per cento), Le province con il maggior numero di contagi sono Milano (9,6 per cento), Torino (6,9 per cento), Roma (5,3 per cento), Napoli (4 per cento), Brescia e Varese (2,5 per cento), Verona e Genova (2,4 per cento) e Bologna (2,3 per cento). Milano è la provincia che registra il maggior numero di contagi professionali nel solo mese di ottobre, poi Roma, Torino, Napoli, Ravenna, Foggia, Ancona, Firenze, Bergamo e Catania. Le province che registrano i maggiori incrementi percentuali rispetto alla rilevazione di settembre – non per contagi avvenuti nel mese di ottobre ma per il consolidamento dei dati in mesi precedenti – sono però quelle di Siracusa, Taranto, Trapani, Vibo Valentia, Matera, Caltanissetta, Pistoia e Reggio Calabria.

La provincia di Napoli è maglia nera per i decessi. Il Nordovest scende al 36,3 per cento (prima Lombardia con il 24,8 per cento), poi ecco il Sud (26,1 per cento di casi mortali denunciati contro il 12,9 per cento riscontrato sul totale dei contagi), il Centro (18 per cento), il Nordest (12,8 per centro rispetto al 24,6 per cento delle denunce totali) e le Isole (6,8 per cento). A Napoli, come detto, spetta il primo posto per percentuali di casi mortali (8,1 per cento), poi Roma (7,7 per cento), Milano (6,6 per cento), Bergamo (6,4 per cento), Brescia e Torino (4 per cento), Cremona (2,4 per cento), Genova (2,3 per cento), Bari, Caserta e Palermo (2,2 per cento) e Parma (2 per cento).

I più colpiti da decesso sono gli uomini (83,2 per cento) che hanno tra i 50 e o 64 anni (71,8 per cento); poi over 64 anni (18,5 per cento) e 35-49 anni (9,1 per cento). Tra gli under 35 siamo solo allo 0,6 per cento e non ci sono lavoratrici donne. Allargando l’analisi a tutti i contagi sul lavoro da Covid-19, il rapporto tra i generi si inverte. La quota femminile sul totale delle denunce, infatti, è pari al 68,3%. Il numero delle lavoratrici contagiate supera quello dei lavoratori in tutte le regioni, a eccezione della Calabria, della Sicilia e della Campania, dove l’incidenza delle donne sul complesso delle infezioni di origine professionale è, rispettivamente, del 48,8%, del 45,8% e del 44,2%. L’età media dall’inizio dell’epidemia è di 46 anni per i contagiati di entrambi i sessi e 59 per i deceduti (57 per le donne, 59 per gli uomini). Il 42,5% del totale delle denunce riguarda la classe 50-64 anni. Seguono le fasce 35-49 anni (36,6%), under 35 anni (18,9%) e over 64 anni (2,0%). L’86,5% delle denunce riguarda lavoratori italiani. Il restante 13,5% sono stranieri, concentrati soprattutto tra i lavoratori rumeni (pari al 21,0% dei contagiati stranieri), peruviani (12,6%), albanesi (8,1%), moldavi (4,6%), ecuadoriani (4,1%) e svizzeri (3,9%). Più di nove morti su 10 sono italiani (90,7%), mentre la comunità straniera con più decessi denunciati è quella peruviana (con il 16,4% dei casi mortali dei lavoratori stranieri), seguita da quelle albanese (12,3%) e rumena (8,2%).

Il 96,9 per cento dei contagi e dei decessi riguarda l’industria, l’88,1 per cento i servizi; il resto è tra gestione assicurative per conto dello Stato (amministrazioni centrali dello Stato, scuole e università statali), Agricoltura e Navigazione. Poco più di 3 mila gli insegnanti, i professori e i ricercatori di scuole di ogni ordine e grado e di università statali e private.

Il settore della sanità e assistenza sociale – che comprende ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili – è sempre al primo posto tra le attività produttive con il 65,0% delle denunce e il 22,4% dei casi mortali codificati, seguito dall’amministrazione pubblica (attività degli organismi preposti alla sanità – Asl – e amministratori regionali, provinciali e comunali), con il 9,1% dei contagi e il 10,4% dei casi mortali. Gli altri settori più colpiti sono il noleggio e servizi di supporto alle imprese (vigilanza, pulizia e call center), il trasporto e magazzinaggio, secondo per numero di decessi con il 12,9% del totale, il manifatturiero (tra le prime categorie coinvolte gli addetti alla lavorazione di prodotti alimentari, alla stampa, alla lavorazione di prodotti farmaceutici, di metalli, di macchinari e di pelli), che con l’11,8% figura al terzo posto per casi mortali denunciati, le attività dei servizi di alloggio e ristorazione, il commercio all’ingrosso e al dettaglio, le altre attività di servizi (pompe funebri, lavanderia, riparazione di computer e di beni alla persona, parrucchieri, centri benessere…), e le attività professionali, scientifiche e tecniche (consulenti del lavoro, della logistica aziendale, di direzione aziendale).

La sanità e assistenza sociale ha mostrato, in termini assoluti, un numero di infezioni da Covid-19 di origine professionale in costante discesa, registrando nel mese di giugno il suo livello più basso, con una sessantina di casi (erano 400 a giugno 2020), per poi risalire lievemente nei due mesi successivi e rallentare di nuovo a settembre e ottobre. A partire dal febbraio 2021 il settore ha avuto riduzioni in termini di incidenza, che però nell’ultimo quadrimestre mostrano segnali di ripresa, in particolare nel mese di ottobre. Altri comparti produttivi, come il trasporto e magazzinaggio e il commercio, nello stesso periodo, hanno invece registrato incidenze di contagi professionali in crescita rispetto allo scorso anno.

Un quarto dei decessi, il 25,7 per cento, riguarda il personale sanitario e socio-assistenziale. I tecnici della salute sono i più coinvolti con il 37,4 per cento delle denunce complessive, l’82,6 per cento delle quali relative a infermieri, e il 9,6 per cento dei casi mortali (66,7 per cento gli infermieri). Seguono gli operatori socio-sanitari con il 18,1% delle denunce (e il 3,7% dei decessi), i medici con l’8,5% (e il 5,0% dei decessi), gli operatori socio-assistenziali con il 6,9% (e il 2,6% dei decessi) e il personale non qualificato nei servizi sanitari (ausiliario, portantino, barelliere) con il 4,7% (e il 3,3% dei decessi). Il restante personale coinvolto riguarda, tra le prime categorie professionali, gli impiegati amministrativi, con il 4,6% delle denunce e il 10,0% dei casi mortali, gli addetti ai servizi di pulizia, con il 2,3% sia per i contagiati in complesso che per i deceduti, i conduttori di veicoli, con solo l’1,3% dei contagi ma ben il 7,8% dei decessi, gli impiegati addetti al controllo di documenti e allo smistamento e recapito della posta, e gli addetti ai servizi di sicurezza, vigilanza e custodia.

Anche rispetto alla professione dell’infortunato si osserva in generale un calo significativo delle denunce a partire dal febbraio 2021, con incidenze in riduzione per alcune categorie, tra le quali le professioni sanitarie, che però nell’ultimo quadrimestre mostrano segnali di ripresa. Altre professioni, come per esempio gli impiegati addetti alla segreteria e agli affari generali, gli impiegati addetti al controllo di documenti e allo smistamento e recapito della posta, gli insegnanti di scuola primaria o gli impiegati addetti agli sportelli e ai movimenti di denaro, con il ritorno alle attività hanno visto invece aumentare l’incidenza dei casi di contagio rispetto allo scorso anno, con l’esclusione del mese di ottobre in cui si registra un calo.

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