Marche: lavoro precario erode quello stabile

Nel 2018, nelle Marche, risultano impiegati 429 mila lavoratori dipendenti privati, +12 mila, pari al +,28%, rispetto a dodici mesi prima. Questo è ciò che emerge dati dati forniti dall’Inps ed elaborati dall’Ires Cgil delle Marche. Il trend positivo, come in tutta Italia, non è sufficiente per colmare la perdita di posti di lavoro degli ultimi dieci anni. Rispetto al 2008, infatti, il saldo è negativo per 6 mila unità, pari a -1,5%. Numeri che fanno riflettere, visto che in Italia e nelle altre regioni del Centro, il numero di lavoratori dipendenti è cresciuto rispetto a un decennio fa, (+5,8% e +8,5%).

I lavoratori maschi sono 238 mila, il 55,6% del totale, le donne sono 190 mila, pari al 44,4%. I giovani con meno di 29 anni sono 85 mila, il 19,8% del totale (mentre dieci anni fa erano il 26,1%). Sono soprattutto operai e apprendisti. Sono 147 mila coloro che hanno un rapporto di lavoro part time, con crescita notevole rispetto al 2017 (quasi +6 mila, +4%), ma soprattutto sul 2008 (+43 mila lavoratori, +41,1%). I lavoratori a tempo parziale sono il 34,4% dei lavoratori complessivi (nel 2008 erano il 24%). Coloro che hanno un contratto a termine sono 113 mila, il 26,2% del totale (25,1% nel 2017, 19,2% nel 2008). Vale a dire + 8 mila (+7,3%) rispetto all’anno precedente e 26 mila in più (+30,5%) su dieci anni fa.

I lavoratori somministrati sono 30 mila, 5 mila in più di un anno, ossia il 22,3%. Sono il 6,9% dei lavoratori dipendenti totali e sono quasi totalmente precari. I lavoratori intermittenti sono più di 34 mila, 4 mila in più nell’ultimo anno (+15,1%) e sono l’8% del totale dei lavoratori. Sono invece 214 mila coloro che hanno un contratto a tempo pieno e indeterminato, il 49,9% del totale (51% nel 2017 e 62,6% nel 2008). Sono dunque 58 mila in meno rispetto a due lustri fa (-21,4%).

Daniela Barbaresi, segretaria generale della Cgil Marche, e Giuseppe Santarelli, segretario regionale, responsabile del mercato del lavoro, “la ripresa occupazionale degli ultimi anni è rappresentata quasi esclusivamente da rapporti di lavoro precari, discontinui e a tempo parziale che continuano a erodere progressivamente i rapporti di lavoro stabili e a tempo pieno che ormai interessano meno di un lavoratore su due. Dunque, tutte le riforme del mercato del lavoro degli ultimi 15 anni, dalla Legge 30/2003 al “Decreto Poletti” e al “Jobs Act” hanno inesorabilmente contribuito a rendere il lavoro più destrutturato, debole e insicuro”.

E poi ancora: “Dunque, parlare solo di numero di occupati non basta più, perché è notevolmente peggiorata la qualità dei rapporti di lavoro e il numero di ore lavorate, mentre è cresciuto prepotentemente il lavoro povero”.

Ci sono differenze di genere e generazionali da sottolineare. Solo una lavoratrice su tre ha un tempo pieno e indeterminato. Stesso discorso per gli under 29, Ancora Barbaresi e Santarelli: “Nelle Marche è necessario invertire al più presto queste tendenze. La sfida della competitività non può che passare attraverso la qualità del lavoro e dell’occupazione, e sulla valorizzazione delle competenze che il lavoro può e deve esprimere: su questo terreno, il sistema produttivo marchigiano si gioca il futuro”.

Diamo ora uno sguardo ai settori. Nell’industria manifatturiera crescono i lavoratori nella meccanica (+3,2%) e nel settore chimico-gomma-plastica (+2,1%), mentre diminuiscono nel calzaturiero-abbigliamento (-1,3%) e nel mobile (-1%). Torna a crescere l’edilizia (+4%), cosi come crescono complessivamente nel terziario, dove però è particolarmente diffuso il lavoro a tempo parziale e precario, dal commercio (+2,6%), agli studi professionali e altri servizi per le imprese (+6,2%), dal turismo e ristorazione (+5,7%) ai servizi sanitari e socio-sanitari (+5,2%).

Scenario fortemente modificatosi negli ultimi dieci anni. Nell’industria manifatturiera si sono persi 33 mila lavoratori dipendenti (pari a -17,2%) e il pesante calo ha interessato tutti i settori. Particolarmente preoccupante la contrazione nei settori tradizionalmente più rilevanti: nel calzaturiero-abbigliamento si sono persi ben 16 mila lavoratori e lavoratrici, cioè quasi un terzo della sua forza lavoro (-31,8%), altri 11 mila nella meccanica (-15,4%) e altri 3 mila nel mobile (-11,7%). In calo anche il settore chimico-farmaceutico, l’industria agroalimentare e i trasporti. Rilevante la contrazione registrata nel decennio anche nell’edilizia, settore che ha perso ben 13 mila unità di personale, cioè più di un terzo del suo bacino di lavoratori (-38,1%), e dove la lentezza nei processi di ricostruzione post sisma rende evidente come siano ancora marginali gli
effetti sull’occupazione.

Nei servizi si cambia scenario. Incremento significativo del numero dei lavoratori dipendenti, con 36 mila unità in più in 10 anni (+19,1%). Crescono in misura rilevante i lavoratori nelle attività informatiche, ricerca, studi professionali e servizi alle imprese con 15 mila lavoratori in più rispetto al 2008 (+37,4%); significativo incremento dei lavoratori anche nel settore degli alberghi e ristorazione, con 11 mila unità in più nel decennio (+30,5%). Notevole la crescita nel settore dell’assistenza sanitaria e sociale, con 8 mila lavoratori in più (+54,8%). In crescita anche i servizi a persone e famiglie, con mille lavoratori in più (+16,5%) e anche nel commercio con oltre mille addetti in più (+2,4%).

Diminuiti i dipendenti nelle attività finanziarie e assicurative, 2 mila lavoratori in meno (-15,9%) e nelle attività di formazione e istruzione, con quasi mille dipendenti in meno (-7,6%). Le retribuzioni medie lorde annue percepite nelle Marche sono pari a 19.123 euro e sono significativamente inferiori sia al valore medio delle regioni del Centro che a quello medio nazionale.

I lavoratori con un lavoro a tempo parziale percepiscono mediamente retribuzioni di 10.647 euro lordi annui, mentre quelli che hanno un contratto di lavoro a tempo determinato percepiscono mediamente 9.451 euro lordi annui. Le retribuzioni medie lorde dei lavoratori somministrati sono di 8.287 euro, mentre quelle dei lavoratori intermittenti sono di 1.765 euro lordi annui. I lavoratori con contratto a tempo pieno e indeterminato ricevono una retribuzione lorda annua di 27.481 euro.

Notevoli le differenze per qualifiche professionali: le retribuzioni degli operai sono di 15.761 euro lordi annui e quelle degli impiegati sono di 23.829 euro; le retribuzioni dei quadri arrivano a 60.392 euro lordi mentre quelle dei dirigenti sono mediamente di 121.493 euro. Gli apprendisti percepiscono 12.214 euro annui medi. La retribuzione dei dirigenti è pari a 7,7 volte quella degli operai e 5,1 volte quella degli impiegati.

Suddividendo i lavoratori dipendenti per classi di retribuzione lorda annua, emerge che 175 mila lavoratori (pari al 40,7% del totale) percepiscono retribuzioni inferiori a 15.000 euro, di cui 122 mila ne percepiscono addirittura meno di 10.000 euro (28,3%). Se si osservano i livelli retributivi nelle varie regioni italiane, emerge che le regioni con le retribuzioni più alte sono la Lombardia, il Piemonte e l’Emilia Romagna. Le Marche si collocano all’11° posto, ultima delle regioni del Centro. Calabria, Sicilia e Campania sono le regioni con le retribuzioni più basse.

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