Mondo del lavoro: Umbria, giovani donne in grande difficoltà

donne impresa

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Non c’è lavoro per i giovani in Umbria. La regione è lontana dalla situazione pre-crisi. Lo fa sapere l’Agenzia Umbria Ricerche nel suo report. Nel 2018, infatti, il tasso di occupazione dei 25-34enni si attesta al 66,8%, addirittura inferiore di più di 10 punti rispetto al 2008. Se è vero che l’Italia mostra difficoltà da Nord a Sud, è altrettanto certo che l’Umbria spicca tra le varie regioni con un differenziale di 13,9 punti tra 2008 e 2018.

Il mercato del lavoro langue eccome. Il tasso d’inattività è pari al 23,6%, il più alto dell’ultimo decennio, con un tasso di disoccupazione pari al 12,5%, anche in questo caso superiore di sette punti rispetto al 2008. A risentire di questo crollo sono soprattutto le donne. Negli ultimi due anni, tra l’altro, il trend maschile ha mostrato un piccolo recupero, cosa che non è accaduta invece per le donne. Dal 2016, anzi, si è sviluppata una forbice vera e propria tra maschi e femmine, arrivato nel 2018 al 25,1%, tra i più alti nel panorama nazionale.

Il tasso di occupazione femminile, sempre nel 2018, arriva al 54,2%, vale a dire -18,4% rispetto al 2008. Come dire che in Umbria lavora poco più di una donna su due, il che posiziona la regione al 12esimo posto, con un peggioramento di quattro posizioni rispetto al 2008. Il tasso di occupazione maschile è arrivato al 79,3 per cento, con l’Umbria che in questa speciale classifica è nona, comunque tre posizioni in meno rispetto al 2008.

Se guardiamo poi al livello di disoccupazione, nel 2018 quello femminile è quasi doppio di quello maschile (17,3% contro 8,9%). Il tasso di inattività quasi il triplo (34,4% contro 12,9%). Il differenziale di inattività è di 21,5 punti, uno dei più alti nella penisola. Addirittura, tra il 2008 e il 2018, l’Umbria è la regione che ha avuto il più alto incremento del tasso di inattività femminile (variazione secca di 14,1 punti).

In poche parole, non c’è solo difficoltà per i giovani – e in particolare per le giovani – a trovare un posto di lavoro, ma anche un generale scoraggiamento verso questo mondo. Eppure, le ricerche affermano che l’apporto delle donne all’economica è indispensabile, anche in termini di valore aggiunto. L’Aur si domanda, dunque, alla fine: “Dove si crea il cortocircuito nel nostro territorio? Nelle difficoltà di comunicazione tra mondo della formazione e mondo del lavoro? Nella diffidenza verso le nuove generazioni? E per quanto riguarda più prettamente l’universo femminile, forse nel pregiudizio verso la maternità o nei servizi non adeguati per favorire la conciliazione?”.

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