Valore aggiunto 2021: Terni e Perugia hanno superato la crisi covid

Giorgio Mencaroni

Terni e Perugia sono all’ottavo e al nono posto per crescita del valore aggiunto tra il 2019 e il 2021 (rispettivamente 1,9 e 1,83 per cento). Mentre sono in prima e seconda posizione per aumento del valore aggiunto nell’edilizia (+41,94 e +39,85 per cento). Si trovano tra le 22 province italiane (su 107) che hanno superato la crisi causata dal covid nel 2021.

Nell’industria in senso stretto Perugia è 21esima con una crescita del 5,21 per cento, Terni al 28esimo con +4,72 per cento. Perugia e Terni sono al secondo e al terzo posto tra le province del Centro. Per i servizi, 15esima Perugia e 18esima Terni, anche se in questo caso il segno è negativo per entrambe (-1,19 Perugia e -1,51 per cento Terni).

Negativa la situazione nell’agricoltura: Terni è 101esima (-10,11 per cento sul 2019) e Perugia 102esima (-10,52 per cento).

L’andamento complessivo del valore aggiunto pro capite 2019-2021 vede Perugia a 24.904,24 euro (52esima come nel 2019) e Terni a 23.030,33 (62esima, migliorando di otto posizioni il 2019).

I dati arrivano dall’analisi del Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere sul valore aggiunto provinciale del 2021 e i confronti con il 2019.

“L’Umbria complessivamente esce bene dall’analisi del Centro-Studi Tagliacarne – commenta il presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni – dimostrando una capacità di resilienza e di reazione capace di portarla tra le realtà che hanno superato i livelli di attività economica pre-Covid e risultando in questo la prima regione del Centro. Esclusa l’agricoltura, il 2021 ha visto un ottimo rimbalzo in tutti gli altri settori: eccellente quello dell’edilizia, buono quello dell’industria manifatturiera, discreto/buono quello dei servizi”.

“All’interno dei servizi, nel 2021 anche il turismo in Umbria ha avuto un incremento più elevato di quello medio nazionale. Ora tuttavia la regione deve cercare di affrontare al meglio nuove difficoltà, dai maxi rincari energetici alla crescita del costo del denaro, all’inflazione che taglieggia il potere d’acquisto. Si deve fare in modo che la spinta propulsiva del 2021 e anche dei primi due trimestri del 2022 non venga dispersa. Ma occorre anche operare guardando al medio periodo, nell’ottica di superare nodi storici che pesano sullo sviluppo dell’Umbria, da quelli infrastrutturali a quelli sull’innovazione e quindi al ritardo nella produttività”.

“Il Covid ha rimescolato la geografia produttiva del Paese – afferma il presidente di Unioncamere, Andrea Prete – Registriamo, infatti, la crisi della tradizionale direttrice adriatica dello sviluppo e il rilancio di quella tirrenica, una differenziazione dei fenomeni di crescita nel Mezzogiorno, difficoltà di diverse aree del Triveneto e il rafforzamento delle performance della provincia rispetto a quelle dei grandi centri metropolitani. Se le province a maggiore densità industriale hanno dimostrato una maggiore resistenza rispetto alle altre, resta comunque il dato che questo dinamismo non è bastato a riportare in maniera territorialmente diffusa i livelli precedenti alla pandemia”.

Il comparto delle costruzioni, grazie ai provvedimenti del Governo, ha recuperato più velocemente le performance pre-Covid (+12,6% sul 2019). Boom di crescita sia a Terni, che sfiora il +42%, sia a Perugia (+39,8%). Seguono Messina (+37,6%) ed Enna (+35,75%). In generale, Umbria e Sicilia mostrano andamenti nettamente superiori alla media nazionale con tassi di crescita superiori al 30%, ad eccezione di Caltanissetta e Siracusa, che comunque evidenziano incrementi tra il 27 e il 28%. Ma nel complesso tutte le province italiane presentano un trend positivo, salvo Pordenone (-6,7%), Udine (-2,5%) e le province autonome di Bolzano (-0,5%) e Trento (-0,8%).

Il manifatturiero vede al primo posto il Nordovest, l’Umbria si trova nella fascia medio-alta della graduatoria.

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