Spiagge italiane: dal 2023 potrebbero finire a russi o cinesi

Le spiagge italiane piacciono tanto ai nuovi ricchi, russi o cinesi che siano. Vorrebbero allungare le loro mani (e i loro portafogli) sugli stabilimenti. E potrebbero farlo dal 2023, quando – a causa della mancata proroga della Bolkenstein – tutte le concessioni balneari andranno a bando.

Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni di Torino, commenta: “Difficile dire cosa accadrà. Mi pare realisticamente difficile che, anche di fronte a gare effettivamente competitive, ci possa essere uno stravolgimento del nostro modello di industria turistica. Per gli altri settori liberalizzati, in fondo non è successo”. Aggiunge: “Tenderei a evitare la schematizzazione per cui piccolo è italiano e grande è straniero. E non mi stupirei, anzi, nel vedere i gestori italiani approfittare dei bandi per investire e strutturare la propria offerta, differenziandola e arricchendola, come è avvenuto per gli hotel, passando da una conduzione familiare a una struttura regionale o magari nazionale”. Che succederà ai prezzi: “Chiunque sarà il proprietario, si attuerebbero economie di scala, dunque comunque al risparmio. C’è da capire, semmai, come si valorizzeranno strutture ed esperienze già acquisite dagli attuali gestori”.

Luca Dondi Dall’Orologio, amministratore delegato di Nomisma, prevede la possibilità che si creino dei consorzi per riottenere le concessioni, “a salvaguardia delle posizioni e delle competenze acquisite, e delle caratteristiche di una costa, quella romagnola, ma anche quella toscana, che hanno un’identità forte e non sono una semplice successione di attività di gestione”. Mette però in guardia Dondi, “il passaggio dovrà essere concepito con la dovuta gradualità” perché, ammette, “si tratta a oggi comunque di un salto nel vuoto”.

Continua: “Il mercato delle nostre spiagge è appetibile. E da salvaguardare, oltre alle imprese esistenti, c’è anche un modello economico e sociale il cui valore va ben al di là del mero giro d’affari”. E poi ci sono “un tessuto urbano e la sicurezza di una piena accessibilità e fruizione di un bene pubblico”. Dunque: “Capisco bene le preoccupazioni, e non vanno sottovalutate”.

Entrambi gli analisti sostengono che era impossibile pensare che tutto restasse fermo fino al 2033. La famiglia di Simone Battistoni, vice presidente nazionale del Sib, l’associazione dei bagnini di Confcommercio, gestisce da un secolo il bagno Milano, a Cesenatico: “La sentenza del Consiglio di Stato ha tolto il sonno a troppi imprenditori balneari in Italia. Un macigno per le nostre imprese, un esproprio che mira a eliminare le conduzioni familiari” e prosegue, pensando “ai tanti fondi d’investimento, alle società tedesche e ai capitali cinesi, francesi o di altri Paesi che da anni mirano a piantare l’ombrellone sulle nostre spiagge, per poi affittarcelo a 40 euro al giorno”.

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