Marche: in povertà una famiglia su dieci

L’Istat stima, nel 2020, due milioni di famiglie, ossia 5,6 milioni di persone, in condizioni di povertà assoluta in Italia. Sono rispettivamente il 7,7 e il 9,4 per cento del totale delle famiglie e della popolazione del nostro Paese. I livelli sono i più alti da 15 anni a questa parte, nonostante le misure contro la pandemia. Cala la povertà relativa – per effetto del grande calo dei consumi – che in Italia vede coinvolte 2,6 milioni di famiglie e circa 8 milioni di persone. In questo caso, parliamo di persone con consumi al di sotto di una soglia che, per una famiglia con due persone, è pari alla spesa media mensile pro-capito a livello nazionale. Povertà assoluta e relativa sono più diffuse tra le famiglie con quattro o più componenti, in particolare con figli minori, con basso titolo di studio, disoccupati, operai e cittadini stranieri.

Nelle Marche, nel 2020, i dati elaborati dalla Cgil Marche mostrano questi risultati: famiglie in povertà relativa 9,3 per cento del totale, stabili rispetto a un anno prima (9.5 per cento), al di sopra e nettamente della media delle regioni del Centro (6,4 per cento). Nelle Marche vive in condizioni di povertà relativa il 14,6 per cento della popolazione, in crescita e nettamente al di sopra della media delle regioni del Centro (8,9 per cento) e nazionale (13,5 per cento).

“Sono dati drammatici che rendono evidente come sia ancora diffusa la condizione di disagio di tante persone – dichiarano Daniela Barbaresi, segretaria generale della CGIL Marche, e Rossella Marinucci, segretaria regionale responsabile delle politiche sociali – E’ un quadro davvero desolante per le Marche, soprattutto se raffrontato alle altre regioni del Centro”.

Il covid ha avuto un impatto pesante sulla regione. Sia per perdite di posti di lavoro sia per il ricorso agli ammortizzatori sociali. Continuano a salire poi il lavoro precario e quello a tempo parziale, in larga parte involontario, che non garantiscono reddito adeguato, al punto che solo un lavoratore dipendente su due può contare su un lavoro stabile e a tempo pieno.

Secondo Barbaresi e Marinucci, “i dati sulla povertà confermano come troppo spesso anche avere un lavoro non sia sufficiente per garantire una vita dignitosa e anche per questo è urgente affrontare il tema della qualità del lavoro e delle retribuzioni. Per questo, occorre intervenire per incrementare salari, produttività, consumi e investimenti”.

E’ necessario, concludono, che “le risorse e gli investimenti del Pnrr vengano utilizzati per costruire un nuovo modello di sviluppo per garantire lavoro di qualità, sostenibilità sociale e ambientale, coesione e sviluppo”.

Exit mobile version