Si contano, nelle Marche, 543 mila prestazioni pensionistiche e assistenziali da parte dell’Inps, di cui 299 mila pensioni di vecchiaia (54,9% del totale), 32 mila pensioni di invalidità (8,9%), 116 mila pensioni ai superstiti (21,4%), 14 mila pensioni/assegni sociali (2,6%) e 83 mila a invalidi civili (15,3%). I dati arrivano dall’Inps 2021 (sono escluse le gestioni di lavoratori pubblici) e sono stati elaborati dall’Ires Cgil Marche.
800 euro lordi è l’importo medio delle pensioni, con valori che oscillano tra i 1.035 euro per le prestazioni riguardanti la vecchiaia e i 436 euro di pensioni e assegni sociali. Si tratta di importi molto al di sotto della media nazionale. In particolare, le pensioni di vecchiaia ai dipendenti marchigiani sono di 1.151 euro, -280 euro rispetto ai valori italiani, ma anche -370 euro rispetto alla media delle regioni centrali.
Un’altra differenza grossa è tra uomini e donne. I primi arrivano a 1.280 euro lordi, le seconde a 738, vale a dire 542 euro in meno al mese. Per le pensionate ex lavoratrici dipendenti la forbice si allarga a -680 euro mensili.
Daniela Barbaresi, segretaria Cgil Marche, ed Elio Cerri, segretario Spi Marche, commentano: “I dati dell’Inps confermano le difficoltà di migliaia di pensionati marchigiani che fanno i conti con pensioni troppo basse alle quali si accede in età sempre più avanzata. Vi è, dunque, l’urgenza di superare strutturalmente l’impianto della legge Fornero con una vera riforma del sistema previdenziale”.
Sempre nelle Marche, 348 mila pensioni, pari al 64,2% del totale, non arrivano a 750 euro mensili (59,6% la media nazionale), significa che due pensionarti su tre non superano la soglia di povertà. Gli uomini in questa condizione sono il 44,9% del totale (43,1% a livello nazionale), le donne sono il 78,4% (72,6% in Italia). Nel 2021, sono state liquidate 33 mila nuove pensioni, 5 mila in meno rispetto al 2020.
Ancora Daniela Barbaresi: “Nei giorni scorsi è ripartito il tavolo di confronto con il Governo cui chiediamo una vera riforma della previdenza che garantisca a tutti la possibilità di andare in pensione a 62 anni o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, il riconoscimento ai fini previdenziali del lavoro di cura, soprattutto a carico delle donne, i lavori manuali e gravosi come peraltro sosteniamo con la piattaforma unitaria di Cgil, Cisl e Uil”.
E ancora: “Occorre pensare soprattutto ai più giovani e a tutti coloro che fanno i conti con lavori poveri e discontinui introducendo una pensione contributiva di garanzia senza la quale non potrà che esserci un futuro di pensione che non permetterà una vita dignitosa per un’intera generazione che ha conosciuto troppa precarietà”.
Per Barbaresi, “servono, inoltre, misure urgenti per rispondere alle emergenze create dal Covid, consentendo l’uscita anticipata dal lavoro in caso di particolare rischio di contagio correlato all’età, soprattutto in determinate attività. Occorre poi un nuovo strumento a sostegno delle persone che potrebbero essere espulse dal lavoro quando finirà il blocco dei licenziamenti per accompagnarle dal lavoro alla pensione”.
“L’Irpef – afferma Elio Cerri – continua a gravare principalmente sui redditi da lavoro dipendente e da pensione, fra gli stessi vi è un una profonda differenza fiscale in quanto, a parità di reddito, i pensionati pagano una quota maggiore di fisco. Inoltre i pensionati italiani sono quelli che hanno il carico fiscale tra i più alti in Europa”.