Italia Centrale: la ‘questione’ proposta dall’Aur per fermare la desertificazione

L’Aur propone la questione dell’Italia Centrale. E si pone alcune domande, partendo da: quale sarà il confine meridionale dell’Unione europea che riparte? Si fermerà al Po o coinvolgerà tutto lo Stivale? L’area padana, sull’asse Milano-Bergamo-Brescia-Verona-Treviso-Modena-Parma-Piacenza-Pavia-Milano, ha già tutto ciò che serve per attirare quanto ancora non ha. Al nuovo Nord potrà restare attaccato solo il corridoio adriatico, da Pesaro a Lecce.

Se però vogliamo coinvolgere tutta Italia, allora bisognerà fare i conti non solo con la questione meridionale, ma con la desertificazione che da alcuni decenni coinvolge il Centro. Se dovesse collassare questo, il baricentro dell’Ue si sposterebbe ancora più a Nord. Questa problematica non è stata affrontata a sufficienza, preferendo parlare dello storico triangolo industriale Torino-Genova-Milano che si spostava sempre più a est, del Sud che andava sempre di più perdendo contatto con il resto dell’Italia. La scomparsa del Nec – Nord-Est-Centro, sparita dai radar dei media e della politica. Parliamo del diffuso tessuto compatto di culture-imprese-partiti che agganciava molto Centro Italia al Nord Est in fase di accelerazione. Il Nec ha perso nel frattempo la C.

La forza del Nord è rappresentata dalle città, non dalle regioni. Aver compreso questo ha facilitato il successo di amministrazione regionali come quella veneta di Zaia e quella emiliano-romagnola di Bonaccini. Persino Milano non sarebbe Milano senza le altre città, non solo lombarde, con cui coopera, anche competendo. Mettendo da parte Roma, il futuro dell’Italia Centrale dipende da questo ribaltamento di visione. Non più sportelli di poteri lontani, ma città come baricentro di una poliarchia dalla governance multi center e multi level. Siamo ancora in tempo per fermare la desertificazione del Centro? Sì. Vanno migliorati i collegamenti tra le ‘oasi’ tramite l’alta velocità ferroviaria e con una più avanzati struttura digitale. Nell’Italia Centrale c’è una grande X, composto dall’asse Civitavecchia-Roma fino ad Ancona (via Orte-Terni-Foligno), che incrocia l’asse ancora abbozzato, da Firenze-Pescara (via Arezzo, Terni, Rieti e Avezzano). Una X di ferro che raddoppia la X di gomma (A1 ed E45, a cui manca solo qualche pezzo sulla tratta Orte-Terni-Rieti-Pescara).

Se l’asse dell’area metropolitana romana e la Prato-Firenze-Livorno saranno connesse meglio alla direttrice adriatica e al Nord, che intanto si reinventa e riparte, si fermerà l’avanzare del deserto. I risultati positivi della Foligno-Civitanova sono indicativi e possono moltiplicarsi. C’è il Recovery Plan da sfruttare e a cui imporre la centralità della questione Italia Centrale. Le regioni devono seguire questa mission.

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