Mercato del lavoro: Umbria, strada in salita per la transizione digitale

Le conseguenze della pandemia non trovano immediato riscontro nei dati sul mercato del lavoro: calo dei disoccupati e crescita degli inattivi. In realtà, infatti, una buona fetta dei disoccupati – per sfiducia soprattutto – è finita a ingrossare i numeri degli inattivi. Si scopre poi che anche tra gli occupati vi sono persone che lavorano con orario ridotto, così come i cassintegrati (che in Umbria sono parecchi), è compreso chi ha interrotto parzialmente o totalmente la propria attività, c’è un generale ed elevato tasso di assenze dal lavoro. Insomma, c’è un calo del contributo effettivo alla produzione. L’Aur lo ha sottolineato nel suo studio, insieme a molto altro.

Sul versante della domanda, arrivano notizie dall’indagine mensile Excelsior, realizzata da Unioncamere e Anpal, riguardano alle intenzioni di assunzione delle imprese. A dicembre 2020, imprese e studi professionali umbri prevedevano di attivare a gennaio 3.790 rapporti di lavoro, per poi arrivare a 10.010 entro marzo. Parliamo di assunzioni che vadano almeno oltre i 20 giorni. Il dato umbro è inferiore di oltre un quarto rispetto a un anno fa, un po’ come succede anche a livello nazionale. La domanda di lavoro è concentrata nel terziario (65 per cento). In Umbria, il 46 per cento delle entrate previste proviene invece dal settore industriale, contro il 35 per cento nazionale e il 41 per cento del Nordest. L’Umbria si avvicina alle Marche, unica regione in cui oltre la metà degli ingressi avviene nell’industria.

La pandemia ha agito in modo asimmetrico sui vari settori. Il terziario è più penalizzato dell’industria (-34 per cento contro -17 per cento); tra i servizi, il turismo vede praticamente dimezzata la richiesta di nuovo personale rispetto all’anno precedente. Si richiedono in particolare figure a elevata specializzazione, a scapito delle figure intermedie. In Umbria questa dinamica è più attenuata a causa della debolezza della domanda di dirigenti e di professioni intellettuali, scientifiche e tecniche e della presenza più massiccia di operai specializzati e conduttori di impianti e macchine. In provincia di Terni, questi ultimi superano i due quinti delle entrate previste complessive. La richiesta di laureati, in Umbria, si attesta al 15,5 per cento del totale delle entrate programmate (in Italia siamo al 20,3 per cento). La domanda di figure dirigenziali in Umbria è praticamente nulla a vantaggio dei conduttori di impianti e operai di macchinari fissi e mobili. Seguono le professioni tecniche, quelle qualificate nelle attività commerciali e nei servizi, gli operai specializzati.

Nel gruppo delle professioni ad alta specializzazione, l’unico gruppo che cresce in Umbria e in Italia è quello dei tecnici informatici, fisici e chimici. È un ambito di nicchia, che pesa per il 2,6 per cento in Italia e per l’1,5 per cento in Umbria, ma è importante perché coinvolge chi applica rende disponibili conoscenze e competenze tecnico scientifiche (Stem), utili a fronteggiare i processi di adattamento e ammodernamento tecnologico richiesti al sistema produttivo. Anche in questo ambito l’Umbria segna il passo (+20 per cento contro il +52 per cento nazionale). Anche in riferimento a professionalità relative alla transizione digitale, come i tecnici in campo informatico, ingegneristico e della produzione, la domanda espressa dalle imprese umbre è meno presente rispetto al contesto nazionale (5,5 per cento contro 5,9 per cento).

In riferimento alle entrate previste a gennaio 2021, la quota di figure di difficile reperimento sul mercato, pari a un terzo del totale in Italia, in Umbria sale al 39%, una delle percentuali regionali più elevate. La difficoltà si enfatizza, in particolare, non solo relativamente al gruppo dei profili più elevati ma anche tra gli operai specializzati, soprattutto quelli nell’edilizia e nel tessile e abbigliamento, oltreché tra i conduttori di macchinari mobili.

Exit mobile version