Confesercenti Piemonte: “Prolungamento restrizioni costerà 1,2 miliardi”

Giancarlo Banchieri

Il 2021 inizia male per il Piemonte sul fronte dei consumi: il prolungamento e probabilmente l’inasprimento delle misure per le zone gialle nel primo trimestre farà registrare un calo di 1,2 miliardi di euro rispetto allo stesso trimestre del 2020. La stima è di Confesercenti Piemonte. Il sistema è già provato dalla pandemia: nel 2020 la spesa si era già contratta infatti di 8,4 miliardi.

Chi paga pegno? Soprattutto le imprese del commercio (negozi, ristoranti, mercati, bar e attività di somministrazione in genere, turismo), con il calo del 16,5 per cento, a fronte del -9,5 per cento registrato dagli altri settori dell’economia piemontese. In questo modo, si riduce fortemente la quota di Pil generata nella regione dai comparti: dal 6,4 al 4,3 per cento per alberghi e pubblici esercizi, dal 4,1 al 3,3 per cento per ricreazione e cultura, dal 3,8 al 2,9 per cento per l’abbigliamento.

La caduta dei consumi è determinata, oltre che dalle restrizioni, dalla prudenza che regna sovrana da parte del consumatore. Pesa, come terzo fattore, l’incertezza generata dal susseguirsi di provvedimenti e decreti.

“Il forte rallentamento dei consumi – dice Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti Piemonte – ha gettato le imprese del terziario in una crisi senza precedenti. I prossimi mesi rischiano di vedere aumentare drammaticamente il numero di cessazioni delle attività, in particolare quelle di prossimità e legate alla filiera turistica. Il Recovery Plan si occupa di molte cose ma non prevede interventi diretti per commercio, alloggio e ristorazione, per i quali il piano genererebbe ricadute positive solo sul medio lungo periodo. Purtroppo, però, c’è un problema immediato di tenuta del sistema imprenditoriale, ormai sfiancato da quasi un anno di emergenza Covid”.

“Per questo – prosegue Banchieri – si deve cambiare passo sulle politiche di sostegno. Bisogna superare il criterio di scelta in base al codice Ateco, che è stato un fallimento e ha lasciato fuori troppe imprese; basta anche con i ristori ‘a puntate’. Serve invece un intervento di ampio respiro, con più risorse e un cronoprogramma chiaro, per dare alle attività la certezza di risorse sufficienti a portarle oltre la fine dell’emergenza sanitaria: un intervento che deve affrontare anche il nodo dei costi fissi, dagli affitti alle utenze, e quello del rilancio del tessuto imprenditoriale, prevedendo anche misure per la ricollocazione e la riconversione intelligente delle attività”.

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