Giuseppe Ferraris (Confagricoltura): “Riso: Italia importante per le esportazioni”

Per il quarto mandato consecutivo, il novarese Giuseppe Ferraris è presidente del gruppo riso del Copa-Cogeca. Lui stesso spiega che cos’è: “Rappresento i Paesi europei del riso, che sono otto, e poi tutte le sigle e le associazioni. Ci troviamo tre-quattro volte all’anno per pianificare una strategia di difesa del riso, specialmente dagli agrofarmaci. Tuteliamo gli interesse dei produttori europei, manteniamo i rapporti di filiera. Facendo fronte fonte si riesce a ottenere qualcosa in più che se fossimo sparpagliati. Sono molto soddisfatto di essere giunto al quarto mandato e devo dire che non ho mai avuto difficoltà a trovare il gruppo coeso”.

Ferraris è risicoltore, ha un’azienda a Casalbeltrame – tra le province di Novara e di Vercelli – che produce il 60 per cento di riso per le riserie e il 40 per cento da seme per i commercianti. Dice: “In Italia, quest’anno, c’è stata un’espansione di 7 mila ettari nella coltivazione di riso. Siamo fortunati perché abbiamo l’Ente nazionale risi che ci dà tutte le indicazioni, in altri Stati non esiste una struttura simile. Sul fronte della vendita del risone, invee, siamo meno organizzati”. L’Italia a livello mondiale “è il nulla nella produzione di riso, ma diventiamo importanti come esportatori perché esportiamo circa la metà della produzione presso paesi terzi. Anche i cinesi iniziano a gradire il nostro risotto”.

Tanti gli argomenti sul tavolo per il Copa-Cogeca: “Stiamo seguendo la Brexit passo per passo. Esportiamo circa 35-36 mila tonnellate di riso in Gran Bretagna alla Kellog’s per fare preparati per la colazione. Abbiamo paura che questa situazione possa cambiare se non ci sarà accordo con l’Unione Europea. E poi temiamo anche che la Gran Bretagna possa esportare dal Sudest asiatico riso a dazio sero, applicando poi i dazi al resto d’Europa al 6-7 per cento. In questo modo, diventerebbe concorrenziale per i nostri prezzi. Purtroppo, il covid sta rallentando tutte le trattative”.

Si parla anche di clausola di salvaguardia: “Una proposta italiana che è stata appoggiata da tutti gli altri Paesi europei produttrici di riso. La clausola garantisce l’arrivo del prodotto da Cambogia e Myanmar, annullando il dazio zero. In due anni, le esportazioni si sono ridotte dell’80 per cento. Da un po’ di tempo, nel Sudest asiatico hanno trovato pure la varietà Japonica e, in due anni, sono pasdsati da 5 mila a 200 mila tonnellate di export, andando in concorrenza con il nostro Japonica. Chiediamo che la clausola di salvaguardia valga anche per questa varietà, ma sarà difficile ottenerla. Intanto, la clausola sull’Indica scade nel 2021, quindi stiamo seguendo questa evoluzione”.

Poi c’è la Pac, acronimo per Politica agricola comune: “Chiediamo che venga rinnovata, cosa che accadrà nel giro di un paio d’anni. Ma bisogna vedere come sarà rinnovata. Nel campo del riso, garantisce sostegno economico per non chiudere in negativo, siamo a 650 euro/ettaro in questo momento. Noi vorremmo che restasse invariata, ma sarà molto meno. Speriamo di mantenere un tale livello da garantire i costi di produzione. Non vorremmo che Pac diventasse Politica ambientale comune, visto che il green va bene, ma fino a un certo punto. Pretendiamo che tutta la merce proveniente dall’estero abbia caratteristiche di salubrità, senza varietà in cui siano utilizzati elementi che in Europa sono vietati da anni”.

L’ultima battaglia, dice Ferraris, riguarda la promozione: “Vogliamo arrivare a un’etichettatura europea del riso. Il consumatore deve sapere se ciò che compra proviene dall’Europa, dal Sudest asiatico o dall’America. Il Copa sta portando avanti questa richiesta di tutti i produttori europei e, in un anno, speriamo di portare a casa il risultato”.

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