Fittuccia (Federalberghi Umbria): “Aiuti dal Decreto Ristori o Umbria come Stati Uniti del 1929”

La situazione delle strutture ricettive alberghiere è peggiore ora che nel primo lockdown. Simone Fittuccia, presidente di Federalberghi Umbria non ha dubbi: “E’ un momento drammatico’ e poi spiega il perché: “Le persone non si sono riabituate alla chiusura iniziale e davanti per gli imprenditori c’è un inverno molto lungo”. Con l’incertezza dell’apertura sì/no per il periodo natalizio che è un vero e proprio tormentone in questi giorni: “L’indicazione del Governo è di restare chiusi sia per Natale che per Capodanno; in questo modo, però, le persone non possono dare libero sfogo alla voglia di vacanza e il nostro settore entrerebbe in una profonda crisi”. Sì, perché “le aperture potrebbero essere una boccata d’ossigeno per affrontare poi la stagione invernale dove, invece, si può anche stare chiusi. Aspettando Pasqua e una sperabile ripartenza”.

Fittuccia ammette: “Se l’indice di contagio aumenta, non siamo sciocchi e sappiamo che è fondamentale il lockdown. Ma l’Rt sta calando, è passato dall’1,8 all’1,1 e si presume scenda sotto l’1. A quel pumto, una prova di riapertura la farei perché sennò per l’albergatore la situazione non è concepibile, si chiederebbe perché non lo fanno lavorare. Se i contagi, con le aperture, dovessero aumentare, ci sarebbero come ho detto gennaio, febbraio e marzo per stare di nuovo chiusi, quando puoi permettertelo. E’ ora di cercare di infondere ottimismo, riaprendo”.

Se il Governo resterà fermo sul suo ‘no’, “allora ci dovrà sostenere. Ma attenzione, noi non chiediamo soldi gratis, solo di poter lavorare in sicurezza. Che ci diano la possibilità di farlo, che si riaprano le regioni, almeno quelle confinanti con l’Umbria, senza orari penalizzanti. Potremmo in questo modo ridare ossigeno alle famiglie e alle aziende che ora vedono tutto nero”.

Anche gli alberghi umbri hanno dato la loro disponibilità a diventare covid-hotel, fa sapere Fittuccia: “L’accordo è stato trovato tre settimane fa con la Regione Umbria, che ha costituito una task force per verificare le strutture che hanno dato la loro adesione. Al momento, però, non se ne ha tanta necessità, per ora dunque non verranno utilizzate. Nel caso di un nuovo rimbalzo dei contagi, saranno comunque pronte. Tengo a precisare che chi ha detto sì non l’ha fatto con scopi speculativi. L’albergatore ha dato il suo consenso per sostenere il territorio in una situazione difficile, tanto è vero che accetta 20 euro per stanza quando il costo dovrebbe essere di 30-35 euro; ciò che manca, lo integra si tasca sua”. In Umbria, sono una ventina le strutture pronte a essere trasformate in covid-hotel, dal nord con Città di Castello al sud con Terni e Piediluco. I posti letto disponibili sono circq 1.200.

Il presidente di Federalberghi Umbria chiude con un appello alle istituzioni: “Vogliamo fatti concreti, non solo promesse. Appena il 20 per cento delle aziende del territorio ha avuto il ristoro. Necessitiamo di aiuti veloci, a primavera inoltrata sarà troppo tardi per le imprese più fragili e le perderemmo causando un disastro sociale. Diamo infatti occupazione a migliaia di persone. Entreremmo in un vero e proprio dramma sociale, paragonabile alla grande crisi americana del 1929”.

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