Cia Umbria: collasso produttivo

Matteo Bartolini, CIa Umbria

Con l’arrivo del colore arancione e dietro l’angolo lo spauracchio lockdown, il settore produttivo umbro rischia il collasso, con fatturati in calo del 40 – 60 per cento in diversi comparti. L’allarme è di Cia Umbria. In particolare per olio, vino e carni – in grande sofferenza nelle ultime settimane – all’orizzonte non ci sono neanche aiuti economici dal Governo e della Regione.

Lo stock di olio extravergine d’oliva italiano è cresciuto dell’85,9 per cento rispetto al 2019. Abbiamo in totale 155 mila tonnellate di extravergine nei frantoi tricolori, di cui 12.885 in Umbria, che supera Calabria, Lazio e Sicilia. “A oggi il nuovo blocco causato dalla seconda ondata di Covid provoca grande difficoltà nelle vendite – racconta un produttore Cia della zona di Montefalco – Il blocco degli spostamenti da un Comune all’altro ha frenato gli ordini. Nel frattempo, aspettando di capire quando potranno venire a ritirarlo, i clienti comprano l’olio in offerta alla Gdo per il fabbisogno familiare quotidiano. Esempio è quello di un gruppo di acquisto del Veneto che ogni anno comprava da noi circa 130 litri di olio, che poi spedivo, e che quest’anno non compreranno affatto. Bloccate anche le spedizioni in Germania, dove spedivo con regolarità ogni anno il nostro olio. A questo si aggiunge lo stop del canale Horeca, che segna per i produttori che avevano accordi con i ristoranti dell’Umbria un -40%”.

“È una grave perdita che non verrà recuperata, almeno per quest’anno. Per quanto possibile – continua il produttore – cerchiamo di organizzarci per consegnare a domicilio, ma non sempre ci riusciamo, perché il personale è ridotto e viene impiegato sul campo”.

Segno negativo pure per il vino: nel 2020 il fatturato è sceso del 63 per cento, racconta un viticoltore di Montefalco: “Consideriamo che siamo un’azienda che non vende alla Gdo, e abbiamo un mercato 70% estero e 30% italiano. Lo scorso anno chiudevamo l’anno a +30%, ma adesso con il blocco del Nord Europa, Stati Uniti e Cina, i risultati sono preoccupanti. Questa seconda ondata di Covid arriva, inoltre, in autunno, che è il momento più importante per un’azienda vitivinicola. Abbiamo avuto una bolla d’ossigeno in estate, ma ora questa chiusura ci riporta in crisi. Non siamo contrari alle misure per arginare il contagio, ma dobbiamo trovare soluzioni per non morire d’economia. Comprendiamo – conclude l’imprenditore agricolo – l’emotività nei confronti di settori più evidenti, come la ristorazione, ma dietro a questo c’è anche allevamento, ortofrutta, viticoltura, olivicoltura, tutto il sistema dell’approvvigionamento della ristorazione stessa, che non si può fermare. Non possiamo mettere in cassa integrazione le viti! Gli aiuti iniziali sotto l’aspetto contributivo e sulla liquidità rischiano di non essere più sufficienti, tenendo conto, inoltre, che tutti i settori hanno avuto oltre al sostegno nazionale, ulteriori 25mila euro con il ‘bando restart’ dalla Regione Umbria: bando dal quale è stato escluso il mondo agricolo, che non ha beneficiato di un centesimo in più”.

Settore della carne con luci e ombre. Un allevatore di bovini nonché membro della giunta di Cia Umbria, dice: “Normalmente, novembre è un mese di forti acquisti. Oggi, invece, il venduto è a -40% rispetto al 2019. Nessuno si azzarda a ordinare grandi quantità, i grossisti e i macellatori acquistano solo qualche capo, per non rischiare di avere sul groppone carne invenduta. È una catena al ribasso dovuta all’incertezza. Difficile, inoltre, pensare alle consegne a domicilio per le carni, perché occorre, per legge, un automezzo dotato di cella frigorifera: un investimento troppo alto che non verrebbe ammortizzato. Nel frattempo, continuiamo a sostenere i costi per allevare gli animali.

La nota positiva la suona Lucio Tabarrini, presidente Federcarni Umbria e gastronomo, che parla di una svolta culturale nei consumi. “Si è alzata molto l’asticella della qualità sulle carni che i clienti, sempre più giovani, richiedono al banco; è salito lo scontrino medio e si fa scorta per preparare i grandi piatti di carne a casa, riscoprendo anche le cotture lente in tempo di smart working. Ci siamo riappropriati della cura del cibo, dello stare insieme in famiglia a tavola. Da ogni male, anche in questa pandemia, può nascere qualcosa di buono”.

Matteo Bartolini, presidente di Cia Umbria, fa appello agli umbri per sostenere le produzioni agricole: “Le misure restrittive previste per il canale Horeca (bar, ristoranti), valgono una perdita di quasi 41 miliardi di euro per il settore alimentare italiano. Ecco perché Cia-Agricoltori Italiani chiede ai consumatori, così come alla Grande Distribuzione Organizzata, di sostenere concretamente i produttori umbri, acquistando frutta, verdura, latte, formaggi, carne, vino, ma anche fiori e piante, dalle nostre aziende agricole”.

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