Artigianato umbro in forte crisi. Nel primo semestre del 2019, come segnalato dalla Cgia di Mestre nella sua analisi, sono andate perse altre 113 imprese artigiane. In tutta Italia, la cessazioni sono state 6.500. Ovunque il bilancio tra attività aperte e attività chiuse è stato negativo, con l’eccezione del Trentino Alto Adige, dove il saldo è positivo per 138 aziende.
Tornando all’Umbria, tra gennaio e giugno 2019, sono state registrate 737 nuove aziende artigiane, ma hanno tirato giù la saracinesca in 850. Insomma, l’emorragia pare non avere davvero fine in questo comparto così importante. Nell’ultimo decennio, sempre come da analisi del Centro Studi della Cgia di Mestre, il bilancio è negativo. Nel 2009, nella nostra regione, c’erano 24.327 imprese, nel 2018 gli artigiani attivi in Umbria erano appena 20.594, quindi 3.733 in meno, con un arretramento in percentuale pari al 15,3 per cento. L’Umbria è agli ultimi posti, in Italia, preceduta solamente dalla Sardegna (-18 per cento) e dall’Abruzzo (-17,2 per cento). Nelle regioni confinanti, va un po’ meglio (Marche -13,5 per cento, Lazio -6,5 per cento, Toscana -12,3 per cento).
Come spiega la Cgia di Mestre, “l’innalzamento delle aliquote Iva rischia di provocare effetti molto negativi sul fatturato di queste attività che vivono quasi esclusivamente dei consumi delle famiglie”. Aggiunge Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi: “La crisi, il calo dei consumi, le tasse, la mancanza di credito e l’impennata degli affitti sono le cause che hanno costretto molti artigiani a cessare l’attività. E per rilanciare questo settore è necessario, oltre che abbassare le imposte e alleggerire il peso della burocrazia, rivalutare il lavoro manuale con robusti investimenti nell’orientamento scolastico e nell’alternanza tra scuola e lavoro, rimettendo al centro del progetto formativo gli istituti professionali che, in passato, sono stati determinanti nel favorire lo sviluppo economico del Paese”.