Lavoro: Ires Cgil, “cresce quello precario e senza diritti”

“L’unico dato certamente in crescita in Umbria è l’aumento del lavoro precario e senza diritti mentre continua a diminuire il lavoro a tempo determinato”. Mario Bravi (presidente Ires Cigl Umbria) commenta così l’aggiornamento a settembre dei dati dell’Osservatorio Nazionale sul Precariato dell’INPS, sottolineando come questi confermino le valutazione dell’Istituto ricerche economiche sociali umbro.

Da gennaio a settembre 2017 vi sono state complessivamente 60.418 nuove attivazioni: di queste 8.453 erano assunzioni a tempo indeterminato, 45.282 a tempo determinato, 2.534 stagionali e 4.149 contratti di apprendistato. Nello stesso periodo le cessazioni complessive sono state 50.773. Considerando anche le trasformazioni a tempo indeterminato di altri contratti, complessivamente i nuovi rapporti di tale tipo sono stati 12.111 unità e rappresentano il 20,5% del totale (inferiore alla media nazionale del 23,7%), dato questo che non basta a portare in positivo il saldo con le cessazioni, che sono state 13.433.

Il presidente della Ires Cgil Umbria sottolinea inoltre come “il numero dei contratti non corrisponde al numero delle persone che proprio per la estrema precarietà e durata temporale sono costretti ad attivare più contratti anche nell’arco di pochi mesi, non a caso in Umbria nel 2° trimestre 2017 (dice l’Istat) l’occupazione complessiva è diminuita”.

“Questo dato relativo ai primi 9 mesi – afferma Bravi – conferma l’allarme occupazione in Umbria e l’esigenza di ridare dignità e diritti al mondo del lavoro, soprattutto giovanile e non solo. Finita la politica degli incentivi alle imprese crollano i tempi indeterminati, ma è evidente che non si può costruire il futuro dell’Umbria e del paese sul lavoro povero e precario. È allarmante anche il fatto che nei primi 9 mesi dell’anno a livello nazionale il lavoro a chiamata è aumentato del 133%! I dati dimostrano il completo fallimento del “Jobs act” che non ha raggiunto l’obiettivo propagandato di creare lavoro stabile e nel frattempo ha visto dilapidare 18 miliardi di risorse pubbliche. Da questa consapevolezza occorre ripartire per cambiare profondamente le politiche del lavoro in Italia e in Umbria”.

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