Dal 2007 a oggi, solo Livorno e Viterbo hanno visto crescere gli occupati. Tutte la altre province italiane, a causa della crisi, hanno visto calare vistosamente il numero di persone con un lavoro. Sono i dati Istat a dirlo. Le più colpite sono sicuramente Ravenna e Ascoli Piceno, ma le aree del Meridione sono boccheggianti: da Reggio Calabria a Ragusa, da Vibo Valentia a Benevento, tutte hanno visto calare del 6 per cento le forze lavoro.
Roma, Milano e Torino non riescono a vedere gli effetti di quella che viene denominata ‘ripresa’, forte un po’ troppo frettolosamente. In particolare il capoluogo sabaudo pare avere mille difficoltà a togliere la retromarcia per riprendere il cammino. Nella capitale, invece, parliamo di pochi decimali in meno. Semmai, i dati definitivi di Expo potrebbero tirare fuori Milano a queste sabbie mobili.
In diverse parti del Sud Italia, c’è meno lavoro che in Grecia. Nel 2014, andando a consultare pure i dati Eurostat, alcune parti del nostro Paese hanno un distacco di 25 – 30 punti percentuali, sul piano dell’occupazione, da Germania e Regno Unito. Vale a dire, milioni di posti di lavoro in meno.
Un altro dato che non può non essere preso in considerazione è quello relativo agli italiani che hanno studiato e a quelli che si sono fermati troppo presto. I primi trovano più facilmente lavoro, e questa tutto sommato non è una notizia, che invece arriva dai dati più recenti: tra i 25 e i 34 anni questa differenza diventa minima. Resta poi da segnalare il poco lavoro delle donne al Sud: non ci sono impennate. E la questione immigrati che, in percentuale, nel nostro Paese hanno più lavoro che gli italiani. Tanto per smentire che non abbiano voglia di darsi da fare in modo onesto.