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Veneto: meno mais e più frumento Si stima un 30 per cento in più di semine, anche grazie al mercato che nel 2022 ha segnato un +43 per cento del prezzo medio annuo per il frumento tenero e del +34,8 per cento per quello duro

di Alessandro Pignatelli
15/02/2023
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Meno mais e più frumento. Gli agricoltori veneti quest’anno semineranno più grano, coltura che ha meno bisogno di acqua e che nel 2022 ha sofferto meno la siccità rispetto al granoturco. Si stima un 30% di semine in più, anche grazie alle ottime performance di mercato che nel 2022 hanno segnato un +43% del prezzo medio annuo per il frumento tenero e +34,8% per il frumento duro.

“C’è molta incertezza sulla semina del mais, a causa della siccità – sottolinea Chiara Dossi, presidente della sezione Cereali alimentari di Confagricoltura Veneto – L’anno scorso le perdite di produzione, in Veneto, sono state superiori al 30% e i costi sono andati alle stelle tra concimi e agrofarmaci. Perciò molte aziende in autunno hanno seminato frumento, che dà più garanzie di produzione e soddisfazione economica, mentre per la primavera stanno valutando di seminare girasole al posto del mais, che richiede meno acqua, ma anche soia, che ha costi minori di coltivazione e soffre meno la sete. Probabilmente aumenteranno anche le superfici di orzo, che ha segnato un ottimo andamento dei prezzi”.

L’anno scorso, secondo i dati di Veneto Agricoltura, la superficie coltivata a frumento tenero in Veneto è stata di 96.000 ettari (+1%), con Rovigo capofila (23.800 ettari) seguita da Padova (20.700 ettari). Quella di frumento duro è stata di 19.400 ettari (+34%), con Rovigo in testa (12.650 ettari), seguita da Verona (2.850 ettari) e Padova (2.450 ettari). Per la soia 148.000 ettari di superficie (+5,3%), con Venezia prima provincia (36.150 ettari) seguita da Padova (33.800) e Rovigo (32.700). Per il mais 143.200 ettari la superficie (-3%), con Padova in testa (30.900 ettari), seguita da Venezia (28.900) e Rovigo (26.100).

I dati nazionali per il mais sono anche peggiori: le superfici sono scese al minimo storico di 564.000 ettari e la produzione si attesta a 4,7 milioni di tonnellate, la stessa del 1972. Un andamento negativo che ha coinvolto tutti i produttori europei, con una diminuzione di 21 milioni di tonnellate (-29%).

“La carenza di mais comporterà problemi per gli allevamenti – sottolinea Chiara Dossi – in quanto la granella viene utilizzata per i mangimi in molte specie di animali da allevamento come pollame, bovini e suini. E la mancanza sarà sentita soprattutto dalle filiere che necessitano di prodotto italiano, come alcune grandi aziende e i consorzi. Del resto, se la siccità e le alte temperature del 2022 dovessero diventare una costante, gli agricoltori saranno obbligati a cambiare rotta. E dovranno farlo anche le aziende dotate di impianti di irrigazione, perché senza acqua sarà difficile farli funzionare. Ma restiamo con la speranza che già quest’anno ci sia qualche precipitazione in più e un clima meno torrido. Al momento la situazione è sotto controllo, perché tra autunno e inverno le piogge non sono mancate e i terreni sono meno in sofferenza rispetto ad un anno fa. Però le falde restano molto scariche”.

Tags: CDEARTICLEConfagricoltura VenetofrumentomaisVeneto
Alessandro Pignatelli

Alessandro Pignatelli

Giornalista professionista e scrittore, amante della carta stampata come del mondo digitale. Ho lavorato per agenzie stampa e siti internet, imparando nel mio percorso professionale a essere tempestivo, preciso, ma anche ad approfondire con vere e proprie inchieste. Con i new media e i social, ho inserito nel mio curriculum anche concetti come SEO, keyword, motori di ricerca, posizionamento.

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