Peste suina: le misure prese in Veneto

Rudy Milani

Il Veneto si attiva per cercare di arginare il rischio della diffusione della peste suina africana (Psa), che nei giorni scorsi ha registrato tre nuovi casi nella zona rossa tra Piemonte e Liguria. La Giunta regionale del 18 novembre ha approvato una misura, sostenuta con i fondi del Psr, per la prevenzione dei danni da calamità naturali di tipo biotico, con investimenti mirati ad accrescere la biosicurezza degli allevamenti suinicoli. L’importo messo a bando, che sarà aperto in dicembre, è pari a quattro milioni di euro, destinato a coprire parte delle spese per recinzioni, cancelli, muri di cinta o barriere naturali per delimitare l’area di allevamento, oltre a zone filtro e celle frigorifero per lo stoccaggio sicuro dei cadaveri degli animali o altri sottoprodotti, in attesa dello smaltimento. Il contributo, in conto capitale, sarà pari all’80% della spesa ammessa, che potrà essere compresa tra un minimo di 3.500 euro e un massimo di 70.000 euro.

“Abbiamo collaborato con la Regione per la stesura del piano – sottolinea Rudy Milani, allevatore trevigiano di Zero Branco, che è presidente nazionale e regionale del settore suinicolo di Confagricoltura – Avremmo preferito una dotazione finanziaria maggiore, ma siamo soddisfatti per la sensibilità dimostrata da Venezia per la questione Psa, che è fonte di grande preoccupazione. È vero che attualmente la presenza è limitata ad alcune regioni, ma l’esperienza ci insegna che la diffusione può essere molto rapida a causa del proliferare della fauna selvatica, che può causare la trasmissione di malattie con effetti catastrofici per gli allevamenti. Sono anni che chiediamo che venga attuato un piano serio per il controllo dei cinghiali, la misura di prevenzione realmente efficace e che andrebbe a incidere in minor misura sulle casse dello Stato. Finora, però, abbiamo visto poche gocce nel mare: non si può pensare di risolvere un problema in un territorio così vasto, com’è ad esempio quello del Veneto, con poche unità di seleselettori”.

Rudy Milani ricorda che in tutta l’area pedemontana il numero degli ungulati è fuori controllo: “Da Vittorio Veneto a Conegliano, da Montebelluna a Bassano del Grappa, passando per i Colli Euganei fino ad arrivare al territorio veronese, i cinghiali si stanno moltiplicando a dismisura. Avevamo chiesto interventi più decisi e radicali, che ci auguriamo vengano finalmente messi in atto dall’attuale esecutivo”.

Per quanto riguarda il mercato dei suini, il settore registra prezzi soddisfacenti, ma che tuttavia non riescono a pagare i costi di produzione, che hanno subito forti rincari sia per quanto riguarda i mangimi, sia per quanto riguarda i costi energetici. “Come per gli altri settori, le nostre aziende sono in grande difficoltà – sottolinea Milani – Si rende, perciò, inderogabile un intervento pubblico, perché gli allevamenti non possono reggere il carico di un simile impatto”.

Secondo i dati di Veneto Agricoltura, il valore della produzione ai prezzi di base del comparto suinicolo veneto nel 2021 è stato stimato dall’Istat in 207 milioni di euro (+9,9%), grazie a un aumento produttivo, ma più ancora per la crescita delle quotazioni. Il Veneto mantiene la quarta posizione produttiva con la quota del 6,9% del totale nazionale, dietro alla leader Lombardia, all’Emilia-Romagna e al Piemonte. Le province dove si concentra la produzione sono Verona, che detiene circa un terzo del totale con 49.253 tonnellate di carne prodotta, seguita da Treviso con 30.056 (20%) e Padova con 24.522 (17%). Seguono Rovigo (14.659), Vicenza (11.082), Venezia (10.065) e Belluno (4.763).

Exit mobile version