Scalogno Igp di Romagna: si potrà vendere sfuso

La Commissione europea ha comunicato la modifica del disciplinare dell’Igp Scalogno di Romagna, già in vigore dal mese di novembre.

“Finalmente – racconta Glenda Vignoli, presidente del Consorzio dello Scalogno di Romagna Igp e lei stessa produttrice di circa 10 quintali di prodotto coltivati in 2.000 m² a Riolo Terme – la risposta tanto attesa è arrivata. Adesso, sarà più facile, e versatile, la vendita del nostro scalogno. Potremo preparare confezioni di pesi diversi, prima potevamo fare solo mazzetti da mezzo chilo, retine da 100 grammi e trecce, pesi limitati, il mercato ora chiede cose diverse. In questo modo, anche il fruttivendolo o la bancarella del mercato potranno accontentare gli acquirenti con un prodotto sfuso che sarà, comunque, certificato e avremo l’opportunità di vendere ai trasformatori. Inoltre, potremo utilizzare legature fatte con materiali ecosostenibili, come cartone o rafia e non solo plastica, certamente più cara. Tutto questo, ci auguriamo, potrà ridurre anche i costi di accatastamento e di trasporto, a vantaggio dei consumatori. Insomma, le buone notizie sono per tutti”.

L’iter è stato lungo: “Il precedente disciplinare – ricorda ancora la presidente – era del 1997, i fogli erano stati preparati con la macchina da scrivere. Il suo contenuto non era più attuale, non si leggevano regole e diciture introdotte negli ultimi anni, occorreva rivederlo e renderlo corrispondente ai nostri giorni. Abbiamo cominciato l’iter burocratico nell’inverno del 2018, dialogando con la regione Emilia Romagna su alcuni punti da modificare, poi nel 2019 tutto è stato sottoposto al ministero dell’Agricoltura, l’anno successivo le carte sono arrivate all’Unione europea e oggi la bella notizia”.

Le altre modifiche al disciplinare: “Il confezionamento e l’etichettatura sono sicuramente l’aspetto più importante ma abbiamo anche messo in evidenza le caratteristiche del prodotto, il metodo di ottenimento, la prova dell’origine, il legame con l’ambiente, un aspetto, quest’ultimo, che era decritto in maniera molto stringata”.

Il Consorzio è al lavoro per definire incontri con l’ente certificatore per pensare alle nuove confezioni e per la campagna 2023: “Abbiamo avuto una richiesta enorme di prodotto – aggiunge Giordano Alpi di Imola, vicepresidente del Consorzio e uno dei maggiori produttori di Scalogno Igp con i suoi 9.000 m² di terreno e circa 60 quintali di prodotto – ma, sembra quasi una beffa, quest’anno di scalogno non ce n’è stato, causa la grande siccità e l’attacco forte di mosca. Un problema che ha colpito da Cesena a Bologna, tutto lo scalogno, anche quello non Igp. Lavoreremo per cercare di migliorare o modificare le tecniche di trapianto”.

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