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Pasta: vola l’export del Made in Tuscany, ma consumarla è ormai un lusso Nei primi sei mesi dell'anno +3,3 per cento di vendite all'estero, ma per i toscani mettere un piatto di pasta a tavola è sempre più costoso

di Alessandro Pignatelli
24/10/2022
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Vola la pasta Made in Tuscany all’estero con il 3,3% in più di vendite nei primi sei mesi dell’anno. Un settore, quello della pasta, che vale 70 milioni di euro all’anno e che contribuisce al nuovo record dell’agroalimentare toscano nel mondo con una crescita del 15% nel secondo trimestre per un valore complessivo di 920 milioni di euro.

Ma mettere un piatto di pasta in tavola è sempre più un lusso per i toscani – il 75% la consuma almeno una volta al giorno – che devono spendere il 21,6% in più su base annua a causa dei rincari e degli effetti dei prezzi del grano del conflitto tra Russia e Ucraina. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti Toscana in occasione del World Pasta Day che si festeggia il 25 ottobre, sulla base dei dati Istat sul commercio estero.

Sono i tedeschi – sottolinea Coldiretti Toscana – a spendere di più in assoluto per acquistare pasta dal Belpaese con un incremento del 31% nell’ultimo anno mentre al secondo posto si classificano gli Stati Uniti dove l’incremento è stato addirittura del +45% anche sotto la spinta dell’euro debole nei confronti del dollaro mentre al terzo posto la Francia con un incremento del 25%.

L’Italia resta il paese – rileva Coldiretti Toscana – con il più elevato consumo di pasta per un quantitativo di 23,5 chilogrammi a testa contro i 17 chili della Tunisia, seconda in questa speciale classifica seguita da Venezuela (15 kg), Grecia (12 kg), Cile (9,4 kg), Stati Uniti (8,8 kg), Argentina e Turchia a pari merito (8,7 kg) che testimoniano come questo tipo di prodotto abbia estimatori ad ogni latitudine.

La ricerca del Made in Italy – continua Coldiretti Toscana – ha condotto anche alla riscoperta di grani antichi, riportando nel piatto il Senatore Cappelli, la Timilia, il Saragolla e altre varietà che hanno fatto la storia del Paese a tavola. Un fenomeno che ha favorito anche il moltiplicarsi di marchi di pasta che garantiscono l’origine nazionale al 100% del grano impiegato, impensabile fino a pochi anni ma ormai patrimonio di quasi tutti i principali brand. Il risultato è che le vendite di pasta di grano garantito italiano sono cresciute del 14% in valore nei primi cinque mesi del 2022, secondo l’analisi Coldiretti su dati Ismea. Nel corso del tempo sono aumentati esponenzialmente anche i formati della pasta che sono ormai arrivati a quota 300, mentre alle varietà tradizionali si sono aggiunte quelle fatte con l’integrale, il gluten free, quelle con farine alternative e legumi.

Per acquistare la vera pasta Made in Italy 100% – precisa Coldiretti Toscana – basta scegliere le confezioni che riportano le indicazioni “Paese di coltivazione del grano: Italia” e “Paese di molitura: Italia”. Una scelta di qualità ma anche un sostegno all’economia nazionale in una situazione in cui sono esplosi i costi di coltivazione dei cereali che sono arrivati quasi a raddoppiare (+80%) per la crisi scatenata dalla guerra, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Crea. “Ci sono le condizioni per rispondere alle domanda di italianità dei consumatori e investire sull’agricoltura nazionale che è in grado di offrire produzioni di qualità realizzando rapporti di filiera virtuosi con accordi che garantiscano compensi equi al di sopra dei costi di produzione – spiega Fabrizio Filippi, presidente Coldiretti Toscana – L’esperienza ha dimostrato, ed anche in Toscana abbiamo degli straordinari esempi, l’importanza di garantire la trasparenza dell’informazione per far crescere un settore simbolo dell’Italia nel mondo”.

Tags: CDEARTICLEesportazioniPastaToscana
Alessandro Pignatelli

Alessandro Pignatelli

Giornalista professionista e scrittore, amante della carta stampata come del mondo digitale. Ho lavorato per agenzie stampa e siti internet, imparando nel mio percorso professionale a essere tempestivo, preciso, ma anche ad approfondire con vere e proprie inchieste. Con i new media e i social, ho inserito nel mio curriculum anche concetti come SEO, keyword, motori di ricerca, posizionamento.

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