Pomodoro Piacenza: Confagricoltura porta i problemi al Tg3

Lambertini al Tg3

Po in secca, campi di pomodoro in grave difficoltà: questo è apparso lo scorso 29 giugno alle 19 in un servizio del Tg3. Merito di Giovanni Lambertini, vicepresidente di Confagricoltura Piacenza e presidente della sezione di prodotto Pomodoro da industria della Confindustria provinciale e regionale. Prima di questa intervista, la parola è andata al presidente del Consorzio di Bonifica di Piacenza, Luigi Bisi, a cui è spettato il compito di fare il punto della situazione e parlare delle riserve scarse.

“Nei campi di pomodoro usiamo l’irrigazione a goccia ed attuiamo tutte le strategie per una gestione razionale, mirata, dell’acqua – ha spiegato Lambertini – purtroppo siamo sempre più esposti a fenomeni estremi per cui l’acqua va trattenuta quando c’è per poterla poi gestire al meglio. Ora dobbiamo gestire l’emergenza, ma poi dobbiamo attrezzarci con le infrastrutture adeguate. Anche in un’annata con poche precipitazioni come questa dove ci sono gli invasi c’è comunque la possibilità di razionare e gestire. Ma se l’acqua non si è trattenuta, si è a zero e non si può fare nulla. Mettiamo in campo anche le varietà meno idroesigenti, ma senz’acqua non si produce. Servono Dighe, dighe e dighe!”.

“Una diga – ricorda il presidente di Confagricoltura Piacenza, Filippo Gasparini – soddisfa almeno altri cinque bisogni fondamentali del territorio. La funzione più impellente è quella di laminazione delle acque del torrente: è un’opera di protezione dalle alluvioni; è una risorsa idropotabile: il che sarà sempre più importante non solo per la scarsità delle acque, ma per la qualità delle acque, dato che quelle di superficie sono migliori rispetto a quelle di falda. Consente lo sviluppo di energia idroelettrica, fonte inesauribile e verde per eccellenza perché passiva. Le dighe sono un asset per lo sviluppo turistico delle vallate. Non ultimo, con la diga si risolve la questione ambientale: c’è acqua per tutti, senza dover scegliere tra un uso idrico e l’altro, tra un corpo idrico e l’altro: acqua sia per il torrente che per il reticolo, che è un ecosistema a sua volta e altrettanto dignitoso. Avremmo un valore immenso stoccato”.

A chi chiede di modificare le colture, l’associazione risponde che il territorio è vocato a determinate produzioni in quanto alla base di alcuni prodotti tipici del Made in Italy: formaggi, salumi e trasformati di pomodoro. Un campo di lavanda può essere una scelta imprenditoriale, così come la coltivazione biologica a bassa produttività, ma resteranno di nicchia.

Alle frange ambientaliste che chiedono non destinare mais, coltura idroesigente, ai biodigestori si ricorda che la maggior parte dei biodigestori utilizzano prevalentemente reflui zootecnici e scarti dell’industria agroalimentare contribuendo, alla tanto invocata economia circolare e sono esempio virtuoso di energia verde. Non ultimo, il mais comunque conferito è in buona misura frutto di secondi prodotti, oppure con caratteristiche non idonee al consumo, come purtroppo potrà accadere al termine di un’estate rovente come questa. Un’altra ricetta ciclicamente riproposta per risparmiare acqua è proprio quella di ridurre le superfici a mais. A chi lo propone, si chiede di calcolare se davvero sia inferiore l’impronta di carbonio di quello che gli allevatori sono costretti ad importare, spesse volte Bt, da altre parti del globo. La nostra pianura è una delle poche aree del Paese che si prestano all’agricoltura intensiva.

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