Sicurezza sul lavoro, in Italia gli infortuni mortali restano stazionari

Angelo Bossi

Quella degli infortuni e dei morti sul lavoro in Italia è una tematica scottante che merita di essere trattata con attenzione. Secondo i dati Inail nel 2021 si sono contate 555.236 denunce, un numero in aumento dello 0,2% rispetto all’anno precedente. 1.221 gli infortuni mortali, -3,9% rispetto al 2020 ma comunque un valore più alto rispetto a molti paesi occidentali. Le denunce di patologie professionali sono state 55.288 (+22,8%), comprensive delle denunce relative alle infezioni da Covid-19 e degli infortuni avvenuti “in itinere”, sulla strada da e per il luogo di lavoro.

Se si guarda alla tendenza degli infortuni mortali in Italia, si vede come si sia passati dai 2.417 del 1990 ai 1.528 del 2001 fino ai 1.032 del 2009, prima di un’inversione di tendenza: 1.464 nel 2010, 1.361 nel 2011, ancora 1.303 nel 2015. Nel 2018 hanno perso la vita 1.218 lavoratori, un numero inaccettabile se si guarda ai progressi fatti da altri paesi nello stesso lasso di tempo. Eppure di leggi in materia di sicurezza lavorativa ne sono uscite a decine negli ultimi anni, tra cui la fondamentale 626/94 e la legge 81/08 o Testo Unico sulla sicurezza. Le denunce sono passate dal milione del 2001 alle 645mila del 2018, ma i casi mortali restano praticamente stabili. Perché?

Un interessante punto di vista è stato dato dal dott. Angelo Bossi, consulente del lavoro con esperienza pluridecennale che mercoledì 25 maggio ha presentato al PalaSì di Terni il suo nuovo libro “Manuale per la sicurezza” edito dal Gruppo Albatros Il Filo. Un compendio pratico volto a fornire preziosi consigli ai professionisti d’impresa affinché i rischi sul lavoro siano rivolti al minimo. “Ho scritto quest’opera spinto dalla voglia di non subire più le storture delle normative in materia”, ha dichiarato. “I controlli sulle norme di prevenzione non possono essere affidati a tecnici estranei all’organizzazione del lavoro, che non possono essere presenti in loco tutti i giorni”.

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