Gdo: il banco di prova sarà il 2022

C’è la voglia di ripresa, i segnali anche, ma lo spettro dell’inflazione si aggira sull’Italia, pure nel reparto ortofrutta. Le feste di Natale hanno portato buone speranze per la Gdo, ben sapendo che il banco di prova sarà però il 2022. Il quadro emerge dall’Ufficio Studi Coop.

Nel 2020, le vendite in Gdo si erano impennate per la pandemia (+4,8 per cento sul 2019). Il 2021 si è chiuso pareggiando i livelli di vendita dell’anno prima (con un decremento di mezzo punto se si esclude l’egrocery e si considera la sola rete fisica). A incidere, sul finale dell’anno, è stata la recrudescenza dei contagi che ha portato gli italiani a rimanere a casa: le vendite in Gdo sono cresciute di ben tre punti percentuali nelle ultime due settimane dell’anno.

“Ma sarà il 2022 il vero banco di prova della GDO italiana – sottolinea l’ultimo rapporto Coop – Per gli esperti intervistati, i prezzi all’acquisto, la digitalizzazione dei canali e i nuovi comportamenti di acquisto (per prodotti e formati) rappresentano gli elementi centrali dello scenario 2022, con un’attenzione crescente ai temi della sostenibilità etica, sociale e ambientale. Sugli andamenti del 2022 peseranno certamente la dinamica inflattiva e i suoi effetti sul potere d’acquisto e i consumi delle famiglie, ma evidentemente anche gli andamenti epidemici contribuiscono a rendere ardua una previsione puntuale”.

L’Ufficio Studi Coop, supportata dall’analisi di Nielesn, stima un andamento delle vendite totali Gdo di poco inferiore all’1,5 per cento a valore, a causa della riduzione dei volumi, di un incremento forte dei prezzi e delle scelte di ricomposizione degli acquisti da parte dei consumatori.

Per il consumatore, uno su tre, il 2022 è sinonimo di speranza, al 16 per cento c’è ripresa, al 15 per cento cambiamento. Timore è però la parola chiave, con le citazioni raddoppiate rispetto a un anno fa. Gli italiani nel 2022 vogliono prendersi cura di sé (57 per cento), cercare un nuovo equilibrio tra vita privata e lavoro (56 per cento), uscire dalla pandemia con l’ambizione di rivedere le proprie priorità (55 per cento), magari facendosi una nuova vita (21 per cento). Le due survey sono state condotte a dicembre 2021 da Ufficio Studi Coop con Nomisma (la prima), la seconda sulla community di esperti del sito italiani.coop.

Sul fronte della macroeconomia, il 2022 spaventa un manager su due l’instabilità politica (con gli effetti sul Pnr) e la crescita dei prezzi, stimata al 2,9 per cento dal panel di Coop. L’epicentro della prossima impennata dei prezzi riguarderà il carrello della spesa. Secondo i manager della filiera alimentare l’incremento dei prezzi alimentari sarà superiore al 3,5 per cento, con un’ondata di inflazione che, per il 63 per cento degli intervistati, riguarderà l’intero anno.

Viene premiato ancora una volta il cibo locale, del territorio. Si consolida il trend verso un’alimentazione biologica e salutista. Per il 61 per cento dei manager, il 2022 sarà soprattutto l’anno della marca del distributore, per permettere acquisti con il miglior rapporto qualità/prezzo.

Nel 2021 l’aumento dei prezzi alimentari è stato pari ad appena lo 0,6 %, molto meno della metà dell’inflazione che è salita al 1,9%. Il continuo rialzo dei beni energetici oltre a spingere l’inflazione si è trasferito a valanga sui bilanci delle imprese agricole strozzate da aumenti dei costi non compensati da prezzi di vendita adeguati.

I dati dicembre confermano il differenziale: inflazione +3,9 per cento, prezzi alimentari +2,9 per cento. Molte aziende agricole – fa sapere Coldiretti – stanno vendendo sotto costo anche per colpa delle pratiche sleali che scaricano sull’anello più debole della filiera gli oneri delle promozioni commerciali. Per le operazioni colturali, è stato necessario affrontare rincari dei prezzi fino al 50 per cento per il gasolio, necessario per le attività che comprendono l’estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione. Sono schizzati verso l’alto anche i prezzi dei concimi, con l’urea che è passata da 350 a 850 euro a tonnellata (+143 per cento), il fosfato biammonico Dad da 350 a 700 euro a tonnellata, il perfostato minerale il +65 per cento.

E che dire dei fertilizzanti a base di azoro, fosforo e potassio? Per loro +60 per cento. Aumento dei costi che comprende anche l’alimentazione del bestiame, il riscaldamento delle serre per fiori e ortaggi, l’essiccazione dei foraggi, le macchine agricole e i pezzi di ricambio.

Il rincaro dell’energia va a colpire i costi di produzione per imballaggi, dalla plastica ai vasetti dei fiori, dall’acciaio per i barattoli al vetro per i vasetti, dal legno per i pallet da trasporti alla carta per le etichette dei prodotti.

“Serve – conclude la Coldiretti – responsabilità da parte dell’intera filiera alimentare con accordi tra agricoltura, industria e distribuzione per garantire una più equa ripartizione del valore per salvare aziende agricole e stalle”.

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