Il lavoro in pandemia: la ricerca delle Donne di Cisl Calabria

Nella sala Unioncamere Calabria di Lamezia Terme sono stati resi noti i risultati dell’inchiesta su ‘La lavoratrice ai tempi del Covid-19’, realizzata dal Coordinamento Donne Cisl Calabria con il sostegno della segreteria regionale. Si è discusso tra sindacalisti, imprenditori, esperti e Regione Calabria in una tavola rotonda moderata dalla giornalista Roselina Arturi, a partire dal tema: ‘Il lavoro che cambia e la sfida da affrontare’.

“Osservando quanto avveniva durante i mesi del primo confinamento – ha spiegato nella relazione introduttiva Nausica Sbarra, responsabile Coordinamento Donne Giovani e Immigrati Cisl Calabria – abbiamo deciso di monitorare i disagi emergenti soprattutto nella fase acuta del Covid-19. Constatavamo tra l’altro che il lavoro stava cambiando: nei giorni del lockdown, circa 8 milioni di italiani si sono trovati a lavorare da casa, prima lo facevano appena in 600 mila e spesso saltuariamente. Quali le luci e le ombre nel ricorso emergenziale e ordinario a questa modalità di lavoro? Quali le opportunità e i limiti? E soprattutto, come sindacato, quali risposte offrire ai bisogni emergenti? Il Coordinamento Donne Cisl Calabria ha deciso, quindi, di dare la parola alle donne attraverso un questionario distribuito dopo l’estate 2020. Ne è emerso un quadro significativo sia della situazione lavorativa e reddituale, sia dei servizi di welfare e conciliazione famiglia lavoro”.

Le schede “confermano la fatica delle donne in presenza di figli minori o di anziani, fino in alcuni casi a rassegnare le dimissioni dal lavoro. Le aspettative sono, dunque, per un rafforzamento delle politiche conciliative e delle strutture di supporto nel territorio. La transizione forzata allo smart working ha generato giudizi abbastanza contrapposti tra chi lo ritiene uno strumento utile per favorire le politiche di conciliazione e chi non vorrebbe proseguire in tale esperienza. Altro elemento importante per chi ha continuato a lavorare è stato il tema delle condizioni di sicurezza: la maggior parte ha operato in sicurezza grazie all’applicazione dello specifico Protocollo che da subito la Cisl, unitariamente con Cgil e Uil, ha sottoscritto con il Governo. Nel questionario, anonimo, abbiamo incluso anche domande relative al tema della violenza. Anche se non in numero elevato, alcune delle donne che hanno risposto si trovano o si sono trovate a subire violenza domestica, terreno sul quale, soprattutto dal punto di vista educativo, il Coordinamento Donne Cisl della Calabria opera da tempo”.

“Attraversiamo una fase di grande cambiamento e riteniamo sia fondamentale operare in rete per realizzare efficaci sinergie. Come Coordinamento Donne Cisl, stiamo creando una ‘piazza virtuale’, uno spazio aperto per raccogliere segnalazioni, suggerimenti, diffondere informazioni, accanto ad un’azione organizzativa di tutte le strutture che possono concretamente dare una mano alle donne in difficoltà. Nel dialogo con la parte datoriale, intendiamo implementare azioni sui luoghi di lavoro attraverso la contrattazione aziendale e territoriale, prevedendo ad esempio asili nido aziendali o congedi per maternità o paternità; promuovere e sostenere azioni che favoriscano la conciliazione vita-lavoro come una riorganizzazione degli orari sulla base delle esigenze delle lavoratrici; mettere in campo iniziative in modo che le donne possano lavorare serenamente e produrre di più, come la promozione di una sensibilizzazione sulla prevenzione a favore delle donne lavoratrici nelle aziende”.

“Emergono dall’indagine – ha sottolineato la responsabile del Coordinamento Donne Cisl Calabria andando verso la conclusione – anche alcune indicazioni di policy: mettere in sicurezza e rilanciare il sistema della sanità pubblica, il welfare territoriale e aziendale; investire in scuola, università, ricerca; investire in innovazione tecnologica e digitalizzazione; investire in occupazione femminile e giovanile; favorire imprenditorialità femminile; combattere le disuguaglianze di genere, generazionali e territoriali; gestire i fenomeni migratori con umanità, legalità, solidarietà e soprattutto inclusione. Le sfide da affrontare riguardano, quindi lavoro, sviluppo, legalità e contrasto a ogni forma di violenza e discriminazione, impegno sociale, salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”.

Anna Rosa Munno, responsabile OCSEL Cisl Confederazione nazionale, ha poi sintetizzato i risultati dell’indagine. Sono stati raccolti 1.350 questionari delle cinque province calabresi. Emerge in prima battuta la fatica da parte delle donne durante la crisi, per la presenza nel nucleo familiare di figli a carico o anziani non autosufficienti. Emergono anche le difficoltà delle famiglie numerose a ottimizzare spazi in casa per conciliare lavoro e studio con le esigenze familiari e garantire, in presenza di contagi all’interno della famiglia, forme adeguate di isolamento.

In collegamento via web è intervenuto Marco Lai, responsabile area giuslavoristica del Centro studi nazionale Cisl Firenze. Ha spiegato che le risposte delle donne possono essere utili non solo per il sindacato, ma anche per imprese e istituzioni. “Siamo tra emergenza e ripartenza. Bisogna che tutti ci interroghiamo su quale tipo di ripartenza vogliamo: se solo dal punto di vista quantitativo, quindi con l’aumento del Pil, o anche qualitativo, ovvero il mondo in cui lavorano alcune categorie più deboli e le donne”. Lo smart working, secondo Lai, è stata una grande opportunità, ma anche una trappola, un ulteriore sforzo lavorativo per la donna, che ha inciso sulla salute psico-fisica.

“La ricerca della Donne della Cisl calabrese ci invita, dunque, a mettere insieme tre parole: conciliazione, condivisione, innovazione. La sfida è sul come declinarle in buone pratiche nel mondo del lavoro”.

I presidenti delle associazioni imprenditoriali presenti hanno espresso apprezzamento per la ricerca della Cisl calabrese. Klaus Algieri, vice presidente Unioncamere nazionale (oltre che della Camera di Commercio di Cosenza e di Unioncamere Calabria) ha sottolineato con forza come i problemi della condizione femminile non siano risolvibili con le “quote rosa”, ma con un cambiamento culturale. L’innovazione digitale, ad esempio, è compito di tutti: è solo questione di competenze. Nel nostro territorio lo avvertiamo molto. Intervenire per affrontare e risolvere questi problemi è compito della politica e dei corpi intermedi, come – ha detto Algieri – abbiamo più volte sottolineato insieme alla Cisl, mettendo in luce l’esigenza di un patto sociale. Deve scattare il senso di responsabilità di tutti e di tutti insieme, ognuno per la sua parte”.

Per Aldo Ferrara, presidente Unindustria Calabria e vice presidente nazionale “parlare di un piano per il lavoro vuole dire creare lavoro. Oggi ci sono prospettive di crescita e il tasso di disoccupazione è in controtendenza: il problema vero, dunque, è oggi il mercato del lavoro, è chi connette domanda e offerta”. In Calabria, per Ferrara, bisogna utilizzare la grande massa di risorse in arrivo per allargare la base produttiva, per attrarre investimenti sulla transizione digitale e ambientale, sul capitale umano. E per le donne bisogna intervenire su lavoro agile, asili nido, parità di genere, decontribuzione fiscale per chi le assume. “Ma è necessario anche un poderoso piano di politiche del lavoro per incrociare di qui a brevissimo le esigenze dell’economia del futuro, per
la quale sono necessarie nuove competenze. “Sapendo – ha concluso Ferrara – che le donne sono ormai il 58% dei laureati e che quando raggiungono cariche di vertice le aziende crescono”.

Francesco Napoli, vice presidente Confapi nazionale e presidente Confapi Calabria, ha evidenziato la necessità di operare per un rinascimento del nostro territorio. Il mercato del lavoro, ha detto, accelera il processo di cambiamento nel mercato del lavoro provocato da digitalizzazione, invecchiamento della popolazione, cambiamenti climatici. Ci sono settori in fortissima crescita, altri completamente fermi. Di fronte a questo, per Napoli le parole chiave che devono dettare l’agenda di tutti gli attori impegnati sul campo sono sviluppo, nuove competenze, flessibilità, resilienza, inclusione, politiche attive. Il Pnrr è una grande occasione. Le priorità per la Calabria sono ricominciare a crescere, utilizzare tutti gli spazi che si stanno creando, investire sul capitale umano, centralità della formazione per potenziarne qualità ed efficacia. facendo rete tra imprese e sindacati. È necessario, ha sostenuto Napoli, un nuovo patto che coinvolga anche la Regione e la prima sfida sono le politiche attive del lavoro. Questa fase richiede sinergie, per cercare soluzioni sostenibili all’altezza della sfida dei tempi. E un nuovo welfare aziendale, per il quale è importante il ruolo degli enti bilaterali, è la pietra angolare del nuovo paradigma sociale.

Nel suo intervento, il segretario generale della Cisl calabrese Tonino Russo ha rivolto un ringraziamento caloroso al Coordinamento Donne perché con questa ricerca “sul campo” ha scelto di compiere un importante esercizio di ascolto delle donne impegnate nel mondo del lavoro, in una fase drammatica della nostra vita personale e sociale. Per Russo, “la tavola rotonda e il confronto sulla condizione lavorativa femminile tra sindacato, datori di lavoro e Regione aprono un percorso che deve proseguire”. Quella delle donne è, infatti, “la categoria più colpita dalla precarietà e dalla discontinuità nel lavoro, il che significa una grave penalizzazione dal punto di vista contributivo, quindi pensioni più basse. La Cisl sta avanzando una sua proposta per un riconoscimento specifico al lavoro femminile”. Nel dialogo che stiamo avviando – ha sottolineato inoltre – è importante la presenza e il contributo della parte datoriale, quella delle imprese con la “I” maiuscola, per costruire un welfare aziendale che migliori condizioni e qualità del lavoro. “Dalla politica ci aspettiamo ascolto su temi importanti. Insieme dobbiamo costruire un patto sociale per la ripartenza. È quello che chiederò al presidente della Giunta regionale Occhiuto”.

Durante i lavori è intervenuto l’assessore regionale a Organizzazione e risorse umane, Filippo Pietropalo, il quale ha portato al convegno il saluto del presidente Occhiuto e della vice presidente Princi, sottolineando la sfida impegnativa per la Giunta della Calabria a partire dai temi della sanità e della riorganizzazione della burocrazia regionale. Nella ricerca del Coordinamento donne Cisl, ha osservato, sono state dette cose importanti. “Non deve esistere disparità di genere e dobbiamo essere consapevoli che per tutti, a partire da donne e giovani, è il lavoro che rende liberi, liberi di scegliere se andare altrove o restare in Calabria per contribuire a risolvere i problemi del nostro territorio. Perciò è necessario il collegamento tra mondi dell’istruzione, della formazione, della
certificazione delle competenze, del lavoro, mettendo in atto percorsi di orientamento. Come è necessario far crescere la cultura d’impresa attraverso iniziative che vadano in questa direzione, e la nuova Giunta intende incidere fortemente su questi processi, nella disponibilità al confronto con il mondo del lavoro e delle imprese, perché insieme si possono fare le cose”.

“La ricerca promossa dal Coordinamento Donne Cisl Calabria ha messo in evidenza la concretezza delle situazioni che quotidianamente le donne hanno vissuto nel tempo più duro della pandemia e in qualche modo continuano a vivere – ha detto Daniela Fumarola, segretaria confederale Cisl nazionale, nell’intervento conclusivo dei lavori. “Sono emerse aperture importanti da parte delle imprese e della Regione. È nello spirito dell’indagine su “La lavoratrice ai tempi del Covid-19” e della Cisl che non agisce mai “contro”, ma sempre “per” costruire nel dialogo con la politica, le istituzioni, i datori di lavoro, come dice lo slogan del Congresso che la Cisl sta per celebrare, “Esserci per cambiare””.

“Il periodo storico che stiamo vivendo – ha sottolineato Daniela Fumarola – è particolarmente complesso, soprattutto a causa del perdurare della pandemia da Covid-19 e delle conseguenti ripercussioni che questa sta avendo sul tessuto economico e sociale italiano. È stato, ed è tutt’ora, un momento difficile per tutti. Il virus ha prodotto effetti asimmetrici penalizzando soprattutto le categorie più vulnerabili – giovani, donne, anziani, disabili – che sono state profondamente segnate da questa crisi e sono anche tra coloro che saranno destinati a subirne le conseguenze più a lungo. Il 2021 è iniziato con una dichiarazione dell’Istat estremamente preoccupante: nel dicembre del 2020, su 101mila posti di lavoro persi, 99mila appartenevano a donne. Un dato drammatico che però di certo non è dettato solo ed esclusivamente dalla pandemia. La grande crisi del 2008 e la recessione ad essa conseguente hanno infatti comportato politiche di austerità che nel lungo periodo hanno mortificato le politiche di coesione e finito per penalizzare soprattutto le fasce più fragili, aumentando le diseguaglianze e la divaricazione sociale”.

“Purtroppo scontiamo ancora queste vulnerabilità, che la pandemia ha ulteriormente acuito, perché nel frattempo non sono stati messi in campo investimenti e politiche adeguate a rispondere a quella che oggi è, a tutti gli effetti, una vera e propria emergenza nazionale. Nel 2020 il tasso di occupazione femminile è sceso sotto il 50%, 13,5 punti percentuali in meno rispetto alla media europea, e si stimano essere oltre 300mila le donne che hanno perso l’occupazione”.

“Il Pnrr e le risorse del “Next Generation EU” a esso collegate – ha detto ancora la segretaria confederale Cisl – offrono al nostro Paese una grande opportunità che non può essere sprecata: senza investimenti che consentano un pieno coinvolgimento delle donne e dei giovani nel mercato del lavoro e nella società e senza la riduzione dei grossi divari territoriali esistenti, la ricostruzione dell’Italia post Covid-19 non sarà completa. Se vogliamo davvero investire nel modo più giusto le risorse che l’Europa ci metterà a disposizione, non dobbiamo mai perdere di vista questi obiettivi.

Su questi temi la Cisl farà la sua parte ma occorrerà realmente mettere in pratica una corretta gestione delle transizioni per un nuovo Patto sociale che veda nel valore della persona e del lavoro il baricentro di tutte le azioni, al fine di non lasciare nessuno indietro e garantire una crescita sostenibile ed inclusiva per ridare fiducia e assicurare crescita e coesione al Paese. Per questo chiediamo al Governo che nella legge di bilancio ci siano risposte convincenti su lavoro, pensioni, fisco, sviluppo, welfare, contrasto alle diseguaglianze sociali, economiche e geografiche del Paese. E per questo ci mobiliteremo in tutti i territori”.

Vediamo alcuni dati della ricerca. Il 54 per cento delle donne si prende cura di minori e, per poco meno della metà delle donne, c’è anche l’incombenza di curare gli anziani autosufficienti e non (27 e 14 per cento). Il 5 per cento ha a carico un disabile, il 2 per cento ha dovuto rassegnare le dimissioni dal lavoro. Per il 54 per cento delle donne sul territorio sarebbe importante potenziare i servizi per i ragazzi, per il 24 per cento per i bambini, per il 23 per cento i servizi per gli anziani.

Alla domanda ‘quanti locali ha la l’abitazione in cui vivi’, il 75 per cento ha risposto che si tratta di un monolocale. Solo il 4 per cento ha una casa con tre o più locali. Il 10 per cento delle donne non aveva supporto informatico, il 19 per cento era privo di internet.

Sul lavoro agile i risultati della nostra ricerca mostrano:
– il 45% riferisce che è uno strumento utilissimo a conciliare la vita lavorativa e personale
– il 44% che non ha comportato alcun beneficio,
– il 24% che porta un beneficio economico e cioè il risparmio di carburante e usura della macchina.

Rispetto alla domanda “con quale frequenza vorresti lavorare a casa”, la platea delle intervistate è divisa in pari percentuali tra quelle che si ritengono soddisfatte dall’esperienza e vorrebbe proseguire anche dopo la fase di emergenza e quanti non riscontrando alcun beneficio. La frequenza con cui vorrebbero lavorare da casa è con pari percentuali (31%) divisa tra chi lo limiterebbe a 1-2 giorni a settimana e chi preferisce non usufruire di tale modalità di svolgimento della prestazione lavorativa. Solo l’11 per cento delle donne ha fatto sapere di non aver lavorato in sicurezza. Il 10 per cento delle intervistate ha detto di essersi trovata in condizioni di assoluta povertà durante la pandemia.

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