Prezzo del pane: dieci volte quello del grano

Il prezzo del grano aumenta e, di conseguenza, cresce il costo del carrello della spesa. Sugli scaffali i prezzi aumentano addirittura di dieci volte dal campo al pane, come fa sapere Coldiretti. Il prezzo del grano tenero per fare il pane ha raggiunto i valori massimi dell’ultimo decennio, sulla base dei contratti future dei listini del Chicago Board of Trade (Cbot).

In Italia, un chilo di grano tenero viene venduto a 32 centesimi, ma un chilo di pane arriva a 3,2 euro al chilo, addirittura un rincaro di dodici volte. Per fare un chilo di pane, infatti, occorre un chilo di grano, da cui si ottengono 800 grammi di farina da impastare con l’acqua. Cambiano, e anche parecchio, i prezzi del pane da zona a zona.

A Perugia siamo a 2,13 euro per una pagnotta da un chilo, a Milano arriviamo a 4,25, a Roma 2,65, a Palermo 3.07 euro al chilo. Le elaborazioni sono di Coldiretti su dati dell’Osservatorio prezzi del ministero dello Sviluppo economico a settembre.

“Peraltro i prezzi al consumo – continua Coldiretti – non sono mai calati negli ultimi anni nonostante la forte variabilità delle quotazioni del grano, che per lungo tempo sono state al di sotto dei costi di produzione. Con il grano sottopagato agli agricoltori si è passati da 27.300 ettari di grano tenero coltivati in Umbria nel 2018 ai 24.200 ettari del 2020 per una produzione di circa 1.160.000 quintali, con l’aumento della dipendenza dall’estero che ha raggiunto addirittura il 64% del fabbisogno a livello nazionale, sul quale ora pesa il calo delle produzioni in Russia e Ucraina per effetto del clima”.

Preoccupano le prossime semine con i costi per gli agricoltori che sono raddoppiati. Dice Mario Rossi, direttore di Coldiretti Umbria: “Sono costretti ad affrontare rincari fino al 50% per il gasolio necessario per le attività che comprendono l’estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione ma ad aumentare sono pure i costi per l’acquisto dei fertilizzanti delle macchine agricole e dei pezzi di ricambio per i quali si stanno verificando addirittura preoccupanti ritardi nelle consegne”.

“Per ridurre la volatilità e stabilizzare i prezzi occorre – aggiunge Rossi – realizzare rapporti di filiera virtuosi con accordi che valorizzino i primati del Made in Italy e garantiscano la sostenibilità della produzione in Italia con impegni pluriennali e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti. Una necessità per ridurre la dipendenza dall’estero da dove oggi arrivano oltre 6 chicchi di grano su 10 consumati in Italia”.

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