Imprese Marche: la parola d’ordine è resistere

Nel primo trimestre del 2021, nelle Marche si sono perse 689 aziende, come conseguenza delle 3.327 cessazioni contro le 2.638 nuove iscrizioni nell’Albo delle imprese della Camera di Commercio. Sono poco più di un terzo di quelle perse un anno prima, quando ci furono 4.054 chiusure e 2.433 aperture, con un saldo negativo di 1.621 imprese.

“Dal 2015 è la prima volta che il calo delle imprese nel primo trimestre dell’anno, quello nel quale si concentra il maggior numero di cancellazioni – spiegano il presidente Cna Marche Gino Sabatini e il segretario Otello Gregorini – scende sotto quota mille. Tutto questo in piena pandemia. Come si spiega? Probabilmente gli imprenditori marchigiani, dopo aver stretto la cinghia e fatto enormi sacrifici negli ultimi dodici mesi, hanno deciso di provare a resistere ancora qualche mese, sperando che la campagna vaccinale e i finanziamenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), possano metterli nelle condizioni di ripartire e di tornare a creare reddito e occupazione. Ma si tratta di due scommesse da vincere assolutamente o saranno guai seri per l’economia della nostra regione”.

L’elaborazione dati Infocamere, realizzata dal Centro Studi Cna Marche, dice che è nell’agricoltura che c’è stato in calo più vistoso di aziende (-318), poi ecco il manifatturiero (277), il commercio (268). Sono aumentate le aziende nel comparto immobiliare (+179), nei servizi alle imprese (156) e in alloggio e ristorazione (161).

“Un dato che sorprende – commenta il direttore del Centro Studi Sistema Giovanni Dini – perché sono proprio gli imprenditori dei settori legati al turismo a confidare in un ‘rimbalzo’ positivo nella stagione estiva alle porte, a causa della voglia di vacanze e di ritorno alla vita degli italiani ed anche dei turisti stranieri”.

Ha inciso pesantemente la crisi della moda nel calo del manifatturiero, con 156 imprese in meno nel comparto del calzaturiero e 30 in meno nell’abbigliamento. Giù anche alimentare (-34) e mobile (-27).

“I marchigiani, costretti a casa – argomenta Dini – hanno ridotto i loro consumi, rinviando gli acquisti a periodi più tranquilli. Sul mobile ha poi pesato la cancellazione delle fiere nazionali e internazionali, mentre le industrie alimentari hanno pagato le chiusure di bar e ristoranti”.

Continua la sua crisi l’artigianato, con 1.106 cessazioni e 738 aperture, un saldo negativo di 368 imprese. Le cessazioni sono più numerose tra le imprese individuali (-646) e le società di persone (-151), mentre aumentano le società di capitale (+135). Si tratta di un qualcosa che si sussegue danni e che sta portando il mercato marchigiano a una trasformazione: dalle imprese familiari alle giovani aziende innovative del terziario e di impresa 4.0.

Tra le province marchigiane, il calo di imprese più consistente si è avuto nel maceratese (-226). Seguono Ascoli Piceno (-178), Ancona (-133), Pesaro Urbino (-96) e Fermo (-56).

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