Under 35: Aur, dimenticati dal mondo del lavoro

Le imprese italiane non scommettono più sugli under 35, letteralmente snobbati dal mondo del lavoro. Chiaro che in una situazione di questo tipo, molti scappino all’estero. L’Agenzia Umbria Ricerche ha analizzato prima di tutto la trasformazione della popolazione tricolore.

Negli ultimi otto anni, nella fascia d’età 0-14 anni abbiamo perso qualcosa come 600 mila persone. Nella fascia 15-24 anni, ne abbiamo 100 mila in meno, in quella tra 25 e 34 anni, mancano all’appello 700 mila. E ancora: quasi 1,6 milioni nella fascia 35-44 anni. In Umbria, nella fascia 0-14 abbiamo avuto una perdita di 9 mila unità, nella fascia 15-24 -2.216 persone, nella fasce 25-34 e 35-44 -15.483 e -22.243 giovani. Dal 2012 al 2020, quindi, l’Umbria ha perso 48.610 under 45.

Il deficit di nuovo capitale umano ha bisogno, per essere colmato, di politiche capaci di favorire l’autonomia abitativa dei giovani per evitare che restino a casa dei genitori negli anni più fertili; di sostenere economicamente le coppie con figli per evitare che un numero più alto di prole voglia dire povertà; di potenziare i servizi per l’infanzia per assicurare, in particolare alle donne, la possibilità di raggiungere il giusto equilibrio tra casa e lavoro; di agevola l’occupazione femminile e delle madri.

Ma perché le aziende non scommettono più tanto sugli under 35? Non pochi dei nostri giovani non sarebbero formati opportunamente per le nuove sfide del terzo millennio. Il Recovery Fund può essere l’occasione giusta per mettere in modo il processo di modernizzazione di cui l’Italia ha disperatamente bisogno. Sapendo che il Recovery può essere sia il bene (dinamiche di crescita) sia il male (aumento del debito pubblico).

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