Usura, Brunacci: “Attenzione a quella di quartiere”

Marco Brunacci, giornalista e oggi direttore editoriale di Tefchannel oltre che direttore responsabile del sito web City Journal, parla di usura e microcredito relativamente alla regione Umbria. Fortunatamente, nonostante la pandemia e la mancanza di liquidità per le aziende, gli strozzini non hanno affondato i denti sugli imprenditori della regione.

“L’Umbria, come in tanti altri settori, è nella media nazionale e non mostra particolari picchi al momento, è in linea con l’Italia centrale. Perugia e la sua provincia sembrano meno provate dal fenomeno rispetto a Terni. La crisi del Covid-19, tuttora in atto nel suo versante più grave, quello sanitario, ha mostrato ancora solo in parte le devastazione del tessuto economico. La criminalità organizzata – lo hanno ormai detto tutte le istituzioni umbre ai diversi livelli – sta alla finestra e prova ad approfittare dei più deboli. Sarà fondamentale qui, soprattutto nel commercio, essere rapidi con i ristori. Altrimenti saranno guai tra qualche mese”.

È il futuro, insomma, che spaventa. Sotto tanti punti di vista. Ma il microcredito aiuta? “Sì, ma ancora di più una ripartenza con slancio dell’economia. Una reazione pari se non superiore alla crisi. Non è impossibile se torna la fiducia e gli aiuti europei entrano in circolo come devono”. Forse sarebbe anche sufficiente che le banche allargassero un po’ i cordoni della borsa verso imprenditori e professionisti: “Gli istituti di credito hanno i loro guai. Forse saranno parte del problema più che della soluzione. L’intervento pubblico probabilmente sarà utile anche nel settore. Però in Umbria si sente particolarmente la questione dei finanziamenti col contagocce, anche perché è di fatto smantellato un sistema regionale del credito. Ora è in atto il tentativo di ricostruire su tre poli una rete creditizia che possa essere più vicina alle necessità di imprese e professionisti umbri. Una rete – dicevamo – con tre poli: la Popolare ex Mantignana, la Bps e loa Cassa di risparmio di Orvieto, che si è affrancata dalla Popolare di Bari, e ha nella compagine azionaria il Microcredito centrale. Poi, ci sono le banche nazionali che stanno mostrando di nuovo un po’ di interesse per l’Umbria, in particolare Unicredit che, per dirne una, ha deciso di restare dentro la Sase. Certo quello che stride è sempre quel numero, lo sbilancio che c’è tra raccolta e impieghi. La raccolta è fatta in Umbria, ma non di rado gli impieghi sono in favore dell’economia di altre regioni”.

Contro l’usura, in Umbria, si è insediata la nuova Commissione: “La lotta all’usura ha bisogno di tutto. Commissione a parte, è la Fondazione contro l’usura a lavorare avendo la massima attenzione a quel che succede. La recente nomina al vertice di un magistrato, da qualche mese in pensione, del valore di Fausto Cardella dice qualcosa in più: si è consapevoli della delicatezza del problema e nel contempo vengono messe in campo le forze migliori. L’esperienza di Cardella, magistrato per anni in prima linea anche contro la criminalità organizzata e mafiosa, è una garanzia di serietà e impegno. Poi è anche chiaro che uno strumento come la Fondazione può fare interventi mirati, molto utili in certe condizioni, ma non può certo risolvere da sola questione”.

Prosegue Brunacci: “Cardella, nei suoi interventi, ha sottolineato come l’Umbria abbia un grado di impermeabilità medio basso che vale soprattutto per la provincia di Perugia, con un input del 35,79 per cento rispetto al 44,02 nazionale, mentre Terni è al di sopra con il 47,72. Ma ha anche detto che quello che più preoccupa in Umbria è l’usura di quartiere, strisciante e meno nota. Mentre anche su certe società finanziarie vanno tenuti i riflettori accesi. Anche l’aiuto – i 10 mila euro – che può essere dato nei casi verificati, dalla Fondazione – è comunque utile per uscire fuori dalle sabbie mobili. La posizione dell’Umbria è da considerare difendibile e va difesa, questa è la sua conclusione. Certamente, anche secondo Cardela, i rischi sono sempre alti”.

Crisi economica in molti casi fa rima con crisi sociale: “Come si diceva qui sopra: i rischi sono alti. Le devastazioni della crisi da Covid sul tessuto economico non si sono ancora mostrate in tutta la loro ampiezza, nonostante il calo del Pil che qui è anche superiore all’8,9 per cento della media nazionale. Basta pensare al divieto di licenziamento per le aziende che è ancora in atto. Quando verrà meno, cosa succederà? Tutti si augurano che l’intervento dell’Europa e il lavoro che si appresta a dare sul versante economico il governo Draghi eviti traumi sociali. L’Umbria ha criticità sue, che vengono da anni e anni di stagnazione economica. Ora si tratta di prepararsi a un passaggio molto delicato. Se torna un po’ di fiducia, però, è possibile evitare scompensi sociali. Non è per voler essere ottimisti a tutti i costi, ma l’Umbria ha le forze, se venissero mese in campo – penso ai depositi bancari delle famiglie ma soprattutto delle aziende – che potrebbero aiutare a far passare questa nottata. Vediamo”.

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