Umbria: più pensionati che lavoratori attivi

I pensionati superano i lavoratori attivi in Umbria. È il prezzo del covid-19. I dati sono stati forniti dalla Cgia di Mestre. In Italia, ci sono 23 milioni di pensionati contro 22,77 milioni di buste paghe attive, al netto di cassintegrati e disoccupati. Le pensioni, a loro volta, sono superiori ai pensionati perché ci sono alcuni di loro che ne percepiscono più di una.

In Umbria, siamo a 403 mila pensioni contro 355 mila buste paghe, con un saldo negativo pari a 48 mila. Stesso saldo negativo a Perugia e a Terni; nel capoluogo di regione, 296 mila sono le pensioni e 270 mila i contratti, nella città dell’acciaieria 107 mila pensionati a fronte di 85 mila lavoratori. Nel Centro Italia, non vanno bene neanche le Marche, con 22 mila pensionati più dei lavoratori attivi. Si può dire che l’Umbria e le Marche sono ai livelli delle regioni del Meridione.

I dati peggiori si registrano nelle zone dove l’età media è più alta. Dunque, in Liguria (48,46 anni), Friuli Venezia Giulia (47), Piemonte (46,54), Toscana (46,52) e Umbria (46.49). A livello provinciale, in testa c’è Savona (48,85 anni medi), poi Biella (48,70), Ferrara (48,55), Genova (48,53), Trieste (48,39). Le più giovani sono Bolzano (42,30), Crotone (42,18), Caserta (41,35) e Napoli (41,31).

Il segretario della Cgia, Renato Mason, commenta: “Negli ultimi anni gli imprenditori stanno cercando personale altamente qualificato o figure caratterizzate da bassi livelli di competenze. Se per i primi le difficoltà di reperimento sono strutturali a causa dello scollamento che in alcune aree del Paese si è creato tra la scuola e il mondo del lavoro, i secondi, invece, sono posti di lavoro che spesso i nostri giovani, peraltro sempre meno numerosi, rifiutano di occupare e solo in parte vengono coperti dagli stranieri. Una situazione che con la depressione economica alle porte potrebbe assumere dimensioni più contenute, sebbene in prospettiva futura la difficoltà di incrociare la domanda e l’offerta di lavoro rimarrà una questione non facile da risolvere. Con culle vuote e un’età media della popolazione sempre più elevata, nei prossimi decenni avremo una società meno innovativa, meno dinamica e con un livello e una qualità dei consumi interni in costante diminuzione”.

Infine: “Il sorpasso dei pensionati è arrivato in questi ultimi mesi. Dopo l’esplosione del covid, infatti, è seguito un calo dei lavoratori attivi. Con più pensioni che impiegati, operai e autonomi, in futuro non sarà facile garantire la sostenibilità della spesa previdenziale che attualmente supera i 293 miliardi di euro all’anno, pari al 16,6 per cento del Pil”.

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