Agroalimentare: giù i prodotti di qualità, tengono pasta e vino

Il covid ha lasciato strascichi in particolare sui piccoli produttori e sulle specialità cosiddette di nicchia, specialmente se legati a turismo e ristorazione. Se la gente ha meno soldi per acquistare, chiaramente si concentrerà sui prodotti più a basso prezzo, a scapito della qualità che in Italia, tra Dop, Igp e Stg, vale 7,26 miliardi di valore di produzione per i più di 300 prodotti del food, stando all’ultimo rapporto Ismea Qualivita, che esclude il vino, che da solo vale 8,9 miliardi.

Matthias Messner, numero uno del Consorzio Speck Alto Adige Igp, spiega: “Stimiamo una perdita del 15% del fatturato, nel 2019 di 120 milioni. Fondamentale sarà la stagione estiva, visto che il turismo da noi vale dal 15 al 20% del giro d’affari. I ritardi nelle aperture delle frontiere con Austria e Germania significano perdite”. Spostandosi sull’Altipiano di Asiago, dove viene prodotto il formaggio Dop, la situazione cambia: “Nel complesso la Dop ha registrato un incremento. Per il pressato, il trimestre si chiude con +3% di vendite, l’aumento di scorte per il formaggio d’allevo non ci preoccupa per via di vendite già programmate in futuro” ammette Luca Cracco, direttore marketing del Consorzio che produce più di 100 milioni di euro annui.

I produttori del Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese Nocerino Dop hanno atteso con impazienza la riapertura di ristoranti e pizzerie. Nella Gdo c’è stato un buon riscontro, ma ci saranno comunque perdite del 15% del fatturato (di 25 milioni di euro tra un centinaio di aziende agricole e di trasformazione). Fabio Grimaldi, presidente del Consorzio, ammette: “Abbiamo avuto un’impennata nel retail, al punto che non si riusciva a starci dietro per le difficoltà a reperire le latte più piccole. Poi è arrivato il calo degli ordini dei formati più grandi dedicati al food service, che per noi ha un’importanza notevole”.

Francesco Mennea, coordinatore del Consorzio della Burrata di Andria Igp, dice: “Il covid ha colpito duro, ma non siamo completamente a terra. La gravità del danno non dipende tanto dalla dimensione aziendale, ma da quanto i produttori sono stati capaci di diversificare la produzione, spostandosi sulla Gdo. Noi abbiamo avuto grosse difficoltà a livello di trasporti, soprattutto per l’export, perché il nostro formaggio è freschissimo. Ma ora si sta tornando alla normalità, puntiamo a crescere in nuovi mercati come il Canada o Dubai”.

Chi ha resistito, nel settore agroalimentare, sono la pasta e il vino, due simboli del Made in Italy. A marzo, la pasta ha fatto registrare un aumento di vendite all’estero del 21%, con 97 mila tonnellate esportate in più, 72 mila sui mercati dell’Unione Europea. Il vino ha fatto molto bene nel primo quadrimestre sui mercati extra-Ue: +5,1 per cento. Molto bene, il vino, sul mercato americano e canadese.

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