Confindustria Veneto: “Riaprire, superare codici Ateco”

“Riaprire” Confindustria Veneto, per bocca del presidente Enrico Carraro, dice che è ora che le attività riprendano. “L’impatto del lockdown è stato devastante, perdiamo fino a tre miliardi di euro per ogni settimana di chiusura. Le aziende sicure devono lavorare e va superata definitivamente la logica dei codici Ateco”.

Carraro ha parlato a Financialounge.com, sulla scia delle dichiarazioni del presidente della Regione Veneto Luca Zaia: “Se ci sono i presupposti di natura sanitaria dal mondo scientifico, dal 4 maggio o anche prima si può riaprire tutto”. “Sì, si deve ragionare sul riavvio graduale di tutte quelle attività produttive – indipendentemente dalla filiera di appartenenza – che siano in grado di garantire l’applicazione rigorosa dei protocolli di sicurezza concordati. Per questo abbiamo presentato alla Regione Veneto, e ai rappresentanti delle Organizzazioni Sindacali e Datoriali, un Documento elaborato dall’Università di Padova, che individua una ipotesi di sistema standard basato su evidenze scientifiche, da declinare nelle diverse realtà produttive. Un sistema che analizza: l’eventuale utilizzo di test diagnostici per l’identificazione sia di soggetti con sintomatologia che dei soggetti asintomatici, l’applicazione delle misure igienico sanitarie atte a ridurre al minimo la possibilità di contagio e procedure di sorveglianza attiva per la prevenzione del contagio”.

Se si dovesse andare oltre il 4 maggio, la situazione sarebbe ancora più disastrosa: “In larga parte d’Europa i nostri partner commerciali stanno riprendendo la produzione e richiedono di alimentare le loro filiere. I settori della Moda e del Legno-Arredo, vanto del nostro tessuto imprenditoriale, stanno soffrendo moltissimo; si tratta di campioni dell’export, strategici per l’economia nazionale, che rischiano di non sopravvivere se lo stop si prolungasse ancora troppo”.

La crisi è devastante: “Questa crisi porterà la perdita di migliaia di aziende, le più fragili e piccole, con il rischio di dissolvere del know-how italiano prezioso. Al contempo ci ha messo di fronte alla necessità di rivedere alcuni modelli e meccanismi. Dovremmo cogliere questa occasione per incentivare i processi di aggregazione come acquisizioni o fusioni e facilitare l’apertura delle aziende al mercato dei capitali. Certamente altro tema è quella della revisione delle catene del valore. Non mi aspetto la fine della globalizzazione, non sarebbe né giusto né possibile, ma potranno esserci nuovi fenomeni di reshoring, attraverso i quali riportare in Italia le attività per produrre prodotti di qualità o strategici per la continuità operativa (ad es. DPI), magari approfittando per snellire la macchina burocratica”.

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