Umbria: più studi, più possibilità hai di lavorare

Chi studia ha più possibilità di trovare un lavoro. Basandosi sui numeri, è la sentenza dell’Agenzia Umbria Ricerche. La disoccupazione ha colpito pesantemente, in particolare nel 2014, ma anche oggi è elevata (9,2% nel 2018, il dato nazionale è del 10,6%). E’ maggiormente diffusa tra le donne (11% contro 7,7% maschile), con un divario che è andato accentuandosi in particolare dopo la fine della crisi. Presente in tutte le categorie dei senza lavoro, soprattutto tra chi cerca un primo lavoro e tra chi si è dichiarato inattivo.

A soffrire sono i più giovani: in Umbria il massimo della disoccupazione è stato raggiunto sempre nel 2014 (42,5%); nel 2018, siamo scesi al 30% nella fascia d’età 15-24 anni di chi risultava disoccupato (3,2% in Italia). Qui entra in gioco il livello d’istruzione raggiunto. Il tasso di disoccupazione dei laureati umbri, nel 2018, era del 5,2%, quello dei diplomati del 9% (in Italia, rispettivamente 5,9% e 10,1%), di chi possedeva una licenza media del 12,7%, fino a spingersi al 14% per chi aveva solo una licenza elementare (18% in Italia). La crescita è stata più sostenuta scendendo di livello scolastico raggiunto.

Si può dire che la formazione di terzo livello, in Umbria, ha protetto il lavoro nel momento della crisi. L’occupabilità è cresciuta con il salire del livello di istruzione. Nel 2018, gli occupati sono per più della metà diplomati e laureati (23,3% contro il 16,4% del 2008). La forbice tra laureati e chi ha un’istruzione secondaria o primaria va ampliandosi. Le persone con qualifica di licenza media sono quelle che hanno subito ovunque la decurtazione più alta del tasso di occupazione.

Attenzione, però, a un altro aspetto. Nel 2017, l’Umbria è diventata infatti la prima regione italiana per percentuale di occupati sovraistruiti, ovvero con un titolo di studio superiore a quello richiesto dal lavoro svolto (32% contro una media nazionale del 24%). Il fenomeno è in forte crescita in tutta Italia e, strutturalmente, più diffuso tra le donne (35% in Umbria contro il 29% maschile). La minore partecipazione al lavoro delle donne si ripropone per ciascun titolo di studio, ma decresce all’aumentare del livello di istruzione. La vera ‘livella’, insomma, tra i due sessi.

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