Centro-Nord: 2018, frenata e campanelli d’allarme per le pmi. La situazione in Emilia Romagna

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Fino al 2017 l’accelerata è notevole, l’uscita dalla crisi pare completa, pur con differenze regionali piuttosto marcate. Nel 2018, però, diversi indicatori sono altrettanti campanelli d’allarme per le pmi del Centro-Nord. Il biennio 2019-2020 potrebbe segnare una frenata brusca. Questo emerge dalla quarta edizione del Rapporto Pmi Centro-Nord, curato da Confindustria e da Cerved. Con stime che molto democraticamente toccano tutti i principali indicatori di bilancio.

Nel Rapporto vengono indicati anche tre possibili scenari per tornare a una maggiore competitività: capitalizzazione e crescita dimensionale, apertura del capitale aziendale, propensione all’esportazione. Tra le pmi, 4 mila vengono classificate ‘eccellenti’ e se aprissero il loro capitale e investitori istituzionali, gli effetti sul prodotto interno lordo si farebbero subito sentire. Il Rapporto ha considerato le imprese di capitale con addetti da 10 a 25, che operano nelle regione maggiormente sviluppate del Paese. Parliamo di 122 mila imprese, l’80% delle imprese di capitali italiane di quelle dimensioni. Di queste, 51 mila sono nel Nord-Ovest, più di 39 mila nel Nord-Est, 32 mila nelle regioni del Centro. Il fatturato supera i 750 miliardi di euro, gli occupati sono 3 milioni e 300 mila, il valore aggiunto è di 180 miliardi. Queste imprese valgono più del 10% del Pil tricolore.

Nel 2017, Nord-Ovest e Nord-Est hanno recuperato il numero di imprese attive prima del 2007, il Centro si è avvicinato alla soglia. Dal 2013, è cresciuto il numero di nuove imprese: nel 2017 sono state 62 mila nel Centro-Nord, in larga parte micro imprese tra uno e nove addetti. Per il quinto anno consecutivo, i ricavi delle Pmi del Centro-Nord sono stati in crescita, con i tassi più sostenuti degli ultimi dieci anni. L’intensità è più elevata a Nord (5,7%), il Centro è al 4,6%. Il valore aggiunto fa registrare l’incremento maggiore dell’ultimo decennio (la palma del migliore spetta al Nord-Est, +5,1%). Migliora la redditività lorda, con il Nord-Est come area più dinamica e un Mol cresciuto del 4,6% nel 2017, quindi il Nord-Ovest (+4,2%) e il Centro (+2,2%). Resta significativo il gap con i livelli pre-crisi: al Centro -37,6%, al Nord-Ovest -23,5%, al Nord-Est -12,7%.

Anche gli utili sono tornati ai livelli precedenti alla crisi (5,2% del fatturato al Nord, 4,4% al Centro), in particolare per il minor peso degli oneri finanziari. Il Roe (redditività netta sul capitale investito) sale, ma resta al di sotto del 2007. I debiti finanziari hanno continuato a crescere (+1,7% a livello nazionale, più del 2% al Nord-Est e al Centro), ma sono decisamente più sostenibili (poco più del 60% del capitale investito al Nord, dell’80% al Centro), livelli distanti dal 2007, quando i debiti superavano abbondantemente il capitale netto. Tra il 2016 e il 2017 il maggior calo grazie a una crescita sostenuta del capitale netto investito nelle imprese (8,9% nazionale, +5% rispetto all’anno precedente), 11,4% nel Nord-Est.

Grazie al basso costo del denaro, li oneri finanziari continuano a ridurre il proprio peso sui margini delle pmi, toccando nel 2017 il minimo degli ultimi dieci anni. Debito più sostenibile vuol dire affidabilità creditizia: nel 2018, le pmi sicure o solvibili sono oltre il 70% nel Nord, e poco meno del 60% al Centro. Inoltre, in tutte le aree analizzate, il numero di pmi con un upgrade della propria classe di rischio tra fine 2017 e fine 2018 supera quello di pmi con un downgrade. Tornano a crescere in particolare i risultati delle piccole e medie imprese industriali. Il numero è in salita al Centro (+10,7%), nel Nord-Est (+5,6%) e nel Nord-Ovest (+4,2%). Queste due macro aree hanno quasi recuperato i livelli pre-crisi (-2,8%), ancora ampio il gap al Centro (-6,3%).

Il ripopolamento della manifattura è coinciso con un andamento dei conti economici, anche migliore di quelli del resto delle pmi. Rispetto al 2016, i ricavi crescono nel Nord-Est (+6,4%), nel Nord-Ovest (+5,9%) e nel Centro (+4,6%), recuperando in quasi tutte le regioni i valori pre-crisi. Crescono anche i margini, ben più di quelli del complesso delle pmi, soprattutto nel Nord-Ovest (+7,4%), pur restando ancora al di sotto dei livelli del 2007. Migliora anche la solidità finanziaria delle pmi industriali, con debiti dimezzati rispetto al periodo pre-crisi, e la loro affidabilità (soprattutto al Nord, con oltre il 70% delle pmi sicure o solvibili, un po’ meno al Centro, in cui le imprese industriali più affidabili sono poco meno del 60% del totale).

Emergono le solite differenze regionali. La Lombardia è quella che va meglio, Trentino Alto Adige, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto sono le regioni con le migliori prestazioni di medio periodo. Meno buoni, ma in miglioramento, i risultati delle pmi del Centro, con Umbria e Lazio uniche regioni il cui livello del fatturato è inferiore al 2007. Dicevamo all’inizio dei campanelli d’allarme. Nel Nord-Ovest son tornati ad aumentare fallimenti e liquidazioni volontarie, in crescita pure al Centro. Si allungano, per la prima volta nell’ultimo lustro, i tempi di pagamento, aumentano le società che pagano le fatture con più di due mesi di ritardo (Umbria e Lazio sono in fondo alla graduatoria). In tutte le aree, rallenta la crescita del fatturato, del valore aggiunto e del Mol. E potrebbe trattarsi di un periodo lungo di frenata.

Confindustia e Cerved, per il 2019, il fatturato e il valore aggiunto delle pmi saranno dimezzati rispetto al 2018; i margini dovrebbero crescere dell’1%, la redditività netta tornerà a contrarsi. Debole ripresa degli indici nel 2020. Tra le strade indicate per la ripresa c’è l’acquisizione da parte di fondi istituzionali (sulle oltre 100 mila pmi, 3.500 imprese avrebbero i requisiti giusti per i fondi di private equity, oltre 500 hanno caratteristiche finanziarie, di governance e leadership molto simili a quelle delle società già quotate. Il totale è di 4 mila imprese eccellenti. Sul Pil, nel medio periodo, si potrebbe avere un incremento di 3,7 punti percentuali a livello nazionale (+4,3% nel Nord-Est, +3,9% nel Nord-Ovest, +3% al Centro). Da non trascurare poi l’apertura all’estero.

In Emilia Romagna, è proseguito il trend di crescita di pmi nel 2017: +5,5% sul 2016, da 14.665 a 15.468. Il fatturato delle pmi della regione è cresciuto del 5,9% (media nazionale +5,3%), sono stati recuperati i livelli di ricavi pre-crisi, con fatturato dell’8,2% superiore a quello del 2007. Sempre nel 2017, il Mol dell’Emilia Romagna, per le pmi di capitali, è cresciuto del 6,7% (15% nei confronti del 2007). Nel 2016, nelle pmi regionali erano impiegati più di 390 mila addetti, il 52,8% in piccole imprese, il 47,2% nelle medie. Sono 3,845 le pmi considerate con forte vocazione internazionale, il 27,6% del totale, contro una quota del 20,7% nazionale.

E ancora: nel 2018, in Emilia Romagna, è diminuito il tempo di pagamento delle pmi ai fornitori (69,8 giorni contro 70,1). In Emilia-Romagna, a fine 2018, le pmi di capitali che si caratterizzavano per uno score in area di sicurezza (32,3%) o solvibilità (38,2%) erano più numerose di quelle che si posizionavano in area di vulnerabilità (21,1%) o di rischio (8,4%). La percentuale di pmi che hanno migliorato il proprio score aumenta nell’ultimo biennio (da 30,8% a 32,2%), mentre diminuiscono i downgrade (da 25,3 % a 24,5%). Infine, nel 2017 aumentano i debiti finanziari (+2,9%). In Emilia-Romagna, rispetto ai livelli pre-crisi, è cresciuto l’indebitamento delle pmi (15,6%).

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