Marche: calano i mestieri tradizionali, salgono le nuove attività

Idraulici, imbianchini ed elettricisti, ma anche vetrai, fabbri e falegnami. I vecchi mestieranti sono sempre più difficili da trovare. Anche nelle Marche. Dove invece sono aumentati i cuochi, i camerieri e i ristoratori. Questioni di abitudine: si pranza più spesso fuori casa. Così come si va dal parrucchiere, dall’estetista, a farsi i tatuaggi, in palestra con l’aiuto del personal trainer, nei saloni di bellezza: stiamo più attenti di una volta alla forma fisica e ad apparire belli. Il mondo dell’artigianato marchigiano cambia e si evolve. Si riduce anche il numero degli artigiani, a dire il vero.

A condurre l’indagine è stato il Centro Studi Cna delle Marche prendendo il 2013 come anno iniziale e il 2018 come anno finale. Cinque anni in cui nella regione sono sparite ben 6.913 partite Iva (da 156.372 a 149.459, -4,4%). Giovanni Dini, direttore del Centro Studi Cna Marche, commenta: “Purtroppo si tratta della perdita di mestieri, di attività storicamente radicate, di tradizioni professionali che in futuro si farà sempre più fatica a tramandare”. Vero.

C’è stato anche un mutamento profondo, un rinnovamento. La crisi delle produzioni del made in Italy tradizionale (tessile, abbigliamento e calzature) e della sua filiera storica (negozianti e ambulanti) ha fatto il resto. Ma bisogna aggiungere pure la non ripartenza del settore delle costruzioni, ancora in attesa di poter partire per la ricostruzione post-terremoto, i cambiamenti tecnologici e organizzativi che interessano settori fondamentali come l’automotive e le attività strettamente connesse. Se è vero che calano i meccanici, sono invece in aumento le officine dotate di moderni strumenti di informatica, microelettronica e nuovi materiali.

Otello Gregorini, segretario di Cna Marche, precisa: “L’estensione del regime forfettario del 15 per cento per imprenditori e professionisti con ricavi inferiori ai 65 mila euro può essere un aiuto a restare sul mercato per chi altrimenti non ce l’avrebbe fatta. Ma questo vale più per i liberi professionisti e meno per i piccoli imprenditori, perché non si possono scaricare i costi aziendali e le detrazioni familiari. I nostri piccoli centri di assistenza fiscale valutano che, per effetto di queste limitazioni, meno del 30% dei piccoli imprenditori che ne hanno la possibilità, opteranno per il regime fiscale semplificato con aliquota del 15 per cento”.

Entriamo maggiormente nei numeri. Spicca il crollo dei muratori (-15,4%), così come degli elettricisti (-4,5%), degli imbianchini e vetrai (-10,2%), dei meccanici (-3,9%). Forte calo per chi produce scarpe (-11,9%) e per gli autotrasportatori (-12%). Chiudono pure i bar (-4,5%), i negozi di abbigliamento (-8,7%), gli ambulanti di abbigliamento e calzature sono in ritirata (-10,6%), ma non quelli degli altri settori (+26%). In calo gli idraulici (-4,4%), i gestori di minimarket (-10,9%), gli intermediari del commercio (-7%), le imprese di attività creative (-1,8%).

Crescono invece i ristoratori (+6,8%), acconciatori ed estetiste (+1,7%), gli agenti assicurativi (+1,7%), i consulenti gestionali e amministrativi (addirittura +26,1%), gli informatici (+1,5%) e, un po’ a sorpresa, anche i tabaccai (+4,1%).

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