Marche: l’agroalimentare non ha sentito la crisi, export maglia rosa

L’agroalimentare nelle Marche è un settore in salute. Grazie in particolare al vino, prodotto di punta. Il comparto vale 2 miliardi di euro e può contare su 43 mila imprese. Il valore aggiunto sull’economia della regione è il 12% contro il 7% della media nazionale. Lo studio è stato stilato da Nomisma/Wine Monitor. Il direttore del settore agroalimentare di Nomisma, Denis Pantini, dice: “L’indagine svela tutta la centralità del settore primario e della sua trasformazione. In una regione il cui impatto con la crisi si è rivelato dirompente per diverse eccellenze produttive, l’agroalimentare ha tenuto e oggi può essere la leva di rilancio per l’economia regionale, anche sul fronte del turismo”.

Le 43 mila aziende (compreso l’indotto) sono il 28% del totale regionale e occupano 70 mila persone (11%). Sul territorio, le oltre 28 mila aziende agricole occupano una superficie utilizzata di 472 mila ettari, la metà dell’intera superficie marchigiana. La dimensione media, 10,5 ettari, e superiore a quella nazionale di 7,9.

La crisi, insomma, non ha indebolito l’agroalimentare marchigiano. Anzi. Andando controcorrente rispetto agli altri settori, vedi il manifatturiero (da 25,3% a 21,7% il valore aggiunto), le costruzioni (da 6,4 a 5,4%) e l’elettronica (da 4,8% a 4%). L’export del settore, negli ultimi dieci anni, è addirittura cresciuto quattro volte più del totale del manifatturiero (+107% contro 27%). In agricoltura, tra il 2005 e il 2015, il trend positivo è stato ancora più positivo, con un balzo in avanti del 286%.

Entrando nel dettaglio, il vino è il primo prodotto alimentare marchigiano esportato e influisce, come valore, su un quarto circa dell’intero commercio. Al secondo posto ci sono pasta e prodotti da forno, con il 12%, quindi, le conserve vegetali, con il 10%, le carni con l’8% e i mangimi con il 7%. Nelle zone terremotate, la situazione è anche più rosea per quanto riguarda le esportazioni. I dati Istat, rielaborati da Coldiretti, riportano cifre di tutto rispetto: l’export nell’agricoltura, nella pesca, nella silvicoltura e nel manifatturiero legato alla trasformazione dei prodotti (caseario, oleario, carni e insaccati) è salito del 9,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ottime le performance in Germania (+66%), Usa (+23%) e Russia (+148%). In totale, le province di Ascoli e di Fermo, nel primo semestre del 2018, hanno esportato prodotti agroalimentari per 40 milioni di euro.

Armando Marconi, presidente Coldiretti Ascoli Fermo, commenta: “Dati molto positivi che confermano il valore delle aziende delle nostre province e che danno anche maggior soddisfazione se pensiamo a quanto ancora c’è da fare per tornare alla normalità dopo i danni subiti dal terremoto. Una strada lunga, molta delle quale ancora da affrontare, ma che non ferma la volontà degli imprenditori agricoli di fare bene, di lavorare per la qualità che poi viene loro riconosciuta dai mercati”.

In un recente convegno sull’agroalimentare, si è parlato molto anche di innovazione. Anna Casini, vice presidente e assessore regionale all’Agricoltura, ha spiegato: “Il Piceno è la zona più agricola delle Marche, il settore primario è una realtà trainante, soprattutto se connesso con turismo e alimentazione”. Il binomio agricoltura – innovazione è ormai indispensabile: “Fondamentale perché bisogna sempre guardare avanti: non a caso la Regione finanzia bandi specifici per favorire l’innovazione nel settore agricolo”.

Tanti i prodotti da difendere a valorizzare: vini, olio ma anche biologico: “Poi c’è tutto il discorso delle aree interne dove puntiamo alla multifunzionalità delle aziende agricole, cioè a far sì che siano in grado di diventare motore di altre attività, come per esempio l’agriturismo. Innovare significa anche tornare alle tradizioni con tecnologie diverse”.

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