Giuseppe Castellini, direttore Mediacom043: “L’Umbria ha bisogno di una leadership vincente”

L’Umbria fatica a uscire dalla crisi e difficilmente ce la farà prossimamente. Anzi, il futuro è nero, a meno che non cambi qualcosa all’improvviso, che non si affacci nella realtà regionale una nuova figura di leadership vincente. A dirlo è Giuseppe Castellini, ex direttore di Giornale dell’Umbria e Nuovo Corriere Nazionale, da poco alla guida dell’agenzia Mediacom 043, un esperimento già riuscito perché la redazione e il direttore stesso sfornano quasi giornalmente dati regionali, tabelle e spiegazioni su quello che pubblicano i ministeri.

Direttore, come mai la scelta coraggiosa di Mediacom043?

Al Giornale dell’Umbria facevamo già parecchi di questi lavori. Ci siamo resi conto che in giro non c’era nessuno che coprisse una carenza ben precisa: le statistiche regionali. E così, è nato il settore datajournalism di Mediacom043. Offriamo dati chiari, tabelle che magari sui quotidiani non si trovano. Chiunque può leggerle e, perché no, dare una sua personale interpretazione, posare lo sguardo su una cosa piuttosto che su un’altra. Può percepire meglio la realtà.

Lei stesso, leggendo attentamente i dati, ha scoperto cose interessanti

Mi sono imbattuto nei dati sulla stretta del credito. Non mi capacitavo del motivo per cui, pur avendo l’Umbria dati inferiori alla media nazionale, anche di molto, qui la stretta bancaria si fosse sentita moltissimo. Poi, ho capito: il dato va diviso tra imprese grandi e piccole imprese, le cosiddette famiglie produttive. Ed è qui che noi abbiamo una stretta di molto superiore a quella nazionale. E siccome l’Umbria è caratterizzata soprattutto dalla piccola e dalla piccolissima impresa, i prestiti negati dalle banche hanno mandato in crisi il settore. Non dimentichiamo che per una piccola impresa, il finanziamento rappresenta la cassa, non lo usa per investire.

Cosa bisognerebbe fare per evitare la fuga dei giovani dall’Umbria?

Qualcosa è stato fatto, in realtà. Bisogna tornare agli anni ’80 per capirci qualcosa: all’epoca l’Umbria era di moda. Venivano dalle altre regioni per studiare come fare bene le cose. Perugia è stata un esempio di espansione. Solo che nessuno si è accorto che intanto si stava scendendo in serie B. Le grandi industrie hanno perso la proprietà, vedi Perugina, l’indotto ricco se n’è andato. Chi è rimasto nelle fabbriche non è più ingegnere, ma operaio. E i giovani non studiano per fare gli operai. Il sistema Umbria non ha retto ai cambiamenti che ci sono stati. A dire il vero, tra l’altro, se ne vanno anche gli operai per colpa del precariato e di un padronato prepotente.

Il futuro appare proprio nero

Bisogna riflettere su dove eravamo negli ultimi 30 anni. E’ come se ci fossimo svegliati all’improvviso, senza renderci conto che l’Umbria stava scivolando sempre più giù. Abbiamo dei motori dell’economia, ma sono piccoli: turismo, commercio, export, Pubblica Amministrazione. L’edilizia non c’è. L’Umbria ha un deficit strutturale non risolvibile in un paio d’anni. E’ come se io pesassi 200 chili, non posso scendere a 70 in poco tempo. La crisi della classe dirigente è stata continua e pare che nessuno se ne sia accorto.

L’Umbria conta ancora a livello nazionale?

Poco, molto poco. L’Umbria potrebbe risalire solo se si aggregasse ad altre regioni, se si creassero le macro regioni. Ognuna specializzata in qualcosa. Così, l’Umbria è troppo piccola per farcela. L’Università di Perugia è in declino e rischia di scendere sotto i 20 mila iscritti, che le farebbe perdere il titolo di grande università. Il terremoto potrebbe essere opportunità di rilancio economico, ma senza fare come nel 1997. Dove la ricostruzione è stata fatta benissimo, per carità, ma nessuna azienda è nata e cresciuta dopo quell’evento. E dire che di milioni di euro ne sono arrivati in Umbria. Le aziende edilizie sono entrate e uscite. Nessuna impresa si è ristrutturata grazie a quel terremoto”.

L’Umbria di cosa ha bisogno?

Temo che questa crisi sarà ancora lunga. Anche politicamente ci sarà un momento di confusione perché non è emersa una figura che possa guidare l’Umbria mentre gli umbri cercano una leadership vincente. Nel frattempo, peggioreranno ulteriormente il clima sociale e quello industriale. Adesso si galleggia soltanto.

Exit mobile version