Pomodoro da industria: campagna conclusa con 5,4 milioni di tonnellate

La campagna di trasformazione del pomodoro 2023 in Italia si è chiusa con una produzione di 5,4 milioni di tonnellate di prodotto, in leggera riduzione (-1,3%) rispetto al 2022. L’industria di trasformazione ha dovuto fare i conti con una campagna lunga e complessa e con costi di produzione che non accennano a diminuire, si legge in un comunicato di Anicav (Associazione nazionale industriali conserve alimentari vegetali).

Quest’anno, a causare notevoli difficoltà è stato il clima sempre più spesso caratterizzato da fenomeni violenti e improvvisi che hanno provocato frequenti fermi fabbrica e allungato il periodo di lavorazione fino ad inizio novembre.

L’analisi dettagliata della Associazione rileva che al Nord il trasformato finale si è attestato a 2,8 milioni di tonnellate (-3% sul 2022), mentre al Centro Sud sono state trasformate 2,6 milioni di tonnellate di pomodoro, un quantitativo in linea con quello della scorsa campagna nonostante un maggiore investimento in ettari (+5%) rispetto allo scorso anno. In entrambi i bacini produttivi si è registrato un peggioramento delle rese agricole, cui è corrisposto un calo anche delle rese industriali dei derivati destinati al consumatore finale dovuto all’esigenza di utilizzare maggiori quantità di materia prima per riuscire a garantire elevati standard qualitativi.

“Quella appena conclusa è stata una delle più lunghe e complesse campagne – dichiara Marco Serafini, presidente di Anicav – I continui stop and go legati al susseguirsi di eventi meteorologici avversi, sia nella fase dei trapianti che nel corso della raccolta del pomodoro, hanno prolungato la campagna addirittura fino agli inizi di novembre incidendo in maniera significativa sui costi di produzione industriale, in primis energia e manodopera. gli aumenti dei costi degli imballaggi primari e secondari, che già nelle precedenti campagne avevano pesato in maniera considerevole sui bilanci aziendali, e l’ulteriore incremento del costo della materia prima hanno ulteriormente peggiorato il quadro”.

“Si tratta di una situazione che avrà sicuramente effetti negativi sulle marginalità delle imprese. oltre alla variabile climatica e alle tendenze inflattive; infatti, a pesare sui costi di produzione rimane sempre il costante aumento del prezzo della materia prima – conclude il presidente Anicav – che continua ad essere il più alto al mondo. A questo proposito il dialogo con la controparte agricola diventa sempre più difficile”. Il presidente di Cia nazionale, Cristiano Fini, segnala che gli agricoltori hanno operato in campo al meglio e contribuito alla sostanziale tenuta dei livelli di trasformato nazionali. “Cambiamenti climatici da un lato e relazioni di filiera dall’altro restano le principali sfide del settore – sottolinea Fini – che ha bisogno di mantenere un reddito giusto per gli agricoltori e di regole chiare e condivise nelle relazioni commerciali e contrattuali”.

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