In dieci anni sono calate del 70% (del 9% solo nell’ultimo anno) le aperture di nuove attività commerciali in Piemonte. Un dato, quello dato dalla differenza tra il 2013 e il 2023 certificato dall’Ufficio studi di Confcommercio, che è di 16 punti percentuali peggiore rispetto alla media nazionale. Una classifica negativa che vede il Piemonte al primo posto e solo dietro la Campania per minori nuove aperture in termini assoluti.
Banchieri: numeri drammatici
“Si tratta – dice Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti Piemonte – di numeri drammatici e soprattutto di una tendenza che pare non avere fine: secondo le nostre proiezioni, in assenza di interventi, nel 2030 le aperture in Piemonte potrebbero ridursi a poco meno di 1.000. Neppure durante la pandemia si era arrivati a tanto. Stiamo assistendo a una vera a propria desertificazione commerciale nell’indifferenza del governo e della politica più in generale. Questo impoverimento rappresenta un problema non soltanto per le categorie coinvolte, ma riguarda tutti: senza commercio di vicinato saranno più poveri anche vie e quartieri per vivibilità, coesione sociale e sicurezza, oltre che per possibilità di scelta e livello di servizi offerti ai consumatori”.
I settori più in crisi
Fra i settori maggiormente in sofferenza e per i quali si registra una percentuale maggiore del 70% in termini di diminuzione delle aperture vi sono i negozi di articoli da regalo e per fumatori, le stazioni di servizio carburanti, le edicole, i negozi di abbigliamento e calzature. Questa situazione non poteva non ripercuotersi negativamente anche su chi intermedia merci e servizi: il comparto degli agenti e dei rappresentanti di commercio ha visto ridursi il ritmo delle aperture di oltre la metà.
Gli ambulanti
Neppure l’ambulantato è esente dalla crisi: anzi, per esso c’è stato un elemento negativo in più. La situazione dei mercati, purtroppo, appare compromessa dai dieci anni di incertezza innescati dalla questione Bolkestein (cioè il rinnovo delle concessioni dei posti) che ha fatto sentire il comparto abbandonato a sé stesso e ha frenato gli investimenti, causando la chiusura di migliaia di imprese e il depotenziamento dell’offerta. Anche per questo, a fine 2023 rispetto al 2022 le nuove aperture dovrebbero essere meno di 300: nel 2013 furono quasi quattro volte tanto.
Giovani poco attratti
“Aprire una nuova attività – conclude Banchieri – è sempre più difficile e meno attraente per i giovani. E una parte di coloro che continuano a svolgere questa attività lo fanno perché non hanno alternative e attendono soltanto la pensione. Serve, quindi, un pacchetto di misure per sostenere i piccoli esercizi commerciali: noi proponiamo da tempo decontribuzione per i giovani che avviano una nuova attività commerciale e un regime fiscale di vantaggio per le imprese sotto i 400mila euro di fatturato annuo, magari da legare ad obblighi di formazione. Se davvero si vede come irrinunciabile la rete dei negozi e dei mercati, la si consideri un ‘settore protetto’ come la Ue da anni fa con l’agricoltura: i fondi europei devono prendere la direzione anche del piccolo commercio. E soprattutto diventa sempre più urgente una legislazione comunitaria che metta fine agli inaccettabili privilegi di cui godono le grandi piattaforme del web“.