‘Il gusto di cambiare’: come farlo nel libro di Petrini e Giraud

Il gusto di cambiare

Che il modello alimentare-economico attuale sia insostenibile per la Terra, ce lo conferma la realtà, tra ingiustizie sociali e cambiamenti climatico. Se la classe politica tentenna di fronte alle virate di sistema che sarebbero necessarie, deve esssere la società civile a prendere le redini in mano per dare vita a un nuovo paradigma: quello dei beni comuni, della transizione ecologica, di un coinvolgimento attivo. Dal confronto, inedito e stimolante, tra Carlo Petrini e Gaël Giraud nasce un libro illuminante e ricco di proposte concrete per dare un futuro al pianeta che abitiamo.

Il libro si intitola ‘Il gusto di cambiare. La transizione ecologica come via per la felicità”. Carlo Petrini, conosciuto un po’ da tutti, è gastronomo, fondatore di Slow Food, Terra Madre e della prima Università di Scienze gastronomiche al mondo; Giraud è economista, matematico e teologo, gesuita, direttore del Programma per la giustizia ambientale alla Georgetown Università di Washington. Sarà presentato a Todi il 27 agosto alle ore 18 nell’ambito del Todi Festival, alla sala vetrata dei Palazzi comunali.

Grazie alle domande di Stefano Arduini, direttore del magazine Vita, nel libro Giraud e Petrini analizzano sistema alimentare, economico e finanziario per segnalare le storture e prospettare cambiamenti radicali che partano da scelte individuali e di comunità per poi arrivare sul piano politico.

Sul fronte alimentare, il fondatore di Slow Food dice: “Da noi lo spreco è funzionale a un modello economico che considera il cibo un prodotto di scarso livello e di scarso valore. Si produce in eccesso, in modo che l’offerta sia sempre superiore alla domanda e i prezzi rimangano bassi. Ancora oggi, circa il 30% del cibo globalmente prodotto non raggiunge la tavola di nessuno. A livello globale produciamo cibo per 12 miliardi di esseri viventi. Gli abitanti della terra sono 8 miliardi. Il 33% del cibo viene buttato. Consumiamo 95 chili di carne pro capite. Negli Stati Uniti si arriva addirittura a 130. Nell’Africa subsahariana a 5 chili. Mentre invece una cifra intorno ai 60 chili è quella più consona a una dieta sana. Diminuire le proteine animali nella dieta equivale a meno spreco, meno consumo di energia e di acqua, meno inquinamento, visto che noi italiani paradossalmente importiamo carne da Argentina e Brasile”.

Giraud mostra il paradosso in cui siamo intrappolati: “Sono stati trasferiti al mercato finanziario gli stessi aggettivi attribuiti a Dio. Alcuni economisti definiscono il mercato “onnipotente”, “onnisciente”, talvolta “benevolo”. È stata reintrodotta una specie di religione pagana nella quale le banche e il business sono divinità intoccabili. In questo modo, il neoliberismo distrugge un altro pilastro della modernità, poiché nei fatti mina l’uguaglianza di fronte alla legge”.

I due autori offrono anche esempi che danno l’idea dell’urgenza di un cambiamento nelle pratiche alimentari ed economiche. Secondo il nordamericano Wei-World Engagement Institute, per esempio, nel 2040, se non interverremo, nel mondo si verificherà una diminuzione della disponibilità di acqua di circa il 20% rispetto a oggi. Per quel che riguarda l’inquinamento: solitamente si pensa che sia la mobilità la fonte principale di tossicità, invece ciò è da ricercarsi nel sistema alimentare, che incide per il 35% sull’inquinamento globale, il doppio dunque di quanto inquinano moto, auto, camion e treni. Sul piano economico è necessario rinunciare all’assolutizzazione del Pil, che oggi viene idolatrato ma che resta un indicatore di ricchezza che non tiene conto di diverse variabili, come il rispetto dell’ambiente, l’impatto sociale della crescita della ricchezza, le ingiustizie sociali.

Le parole chiave attorno a cui la società civile deve attuare una lotta sociale che porti la politica a prendere decisioni forti e nette. Giraud utilizza ‘antropologia relazionale’, Petrini ‘comunità’, in particolare i movimenti giovanili.

Da questa visione nascono scelte concrete e a portata di mano: dimezzare il consumo di carne perché il 69% dell’acqua che usiamo noi uomini è destinato agli allevamenti intensivi, che sono anche intense fonti di inquinamento; preferire banche etiche o di comunità a istituti di credito che, invece, impediscono la transizione energetica, visto che nel caso delle 11 banche maggiori d’Europa il totale dei loro investimenti in energie fossili arriva a una quota di 530 miliardi di euro, pari a circa il 95% della somma della capitalizzazione di ognuna di tali banche.

Concordi i due autori sulla prospettiva di Papa Francesco contenuta in ‘Laudato sì’ e identificata nel motto ‘meno è più’. “Ciò che conta nella nostra vita non è il numero di automobili che possediamo, ma la qualità delle relazioni che abbiamo fra noi vivi e con la natura, con i nostri antenati e con i nostri futuri figli. Se il nostro obiettivo come individui e società è il Pil o avere più cose, non sarà un vero progresso. L’obiettivo di una comunità deve essere vivere meglio, cioè trovare un senso alla propria vicenda umana”.

La prefazione del libro è di Papa Francesco.

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