Agricoltura senza pace, tra allagamenti e siccità. Confagricoltura Rovigo mette in guardia, dopo le piogge dei giorni scorsi, da nuovi rischi legati alla siccità in estate nel Polesine. Come lo scorso anno, stagione che pesa ancora sulle aziende di Confagricoltura Rovigo, come emerso nell’assemblea annuale, tra ristori non arrivati, perdite enormi di reddito per il settore seminativi e gravi difficoltà per i frutticoltori.
Alla presenza di Annamaria Barrile, direttore generale di Confagricoltura che ha voluto visitare alcune aziende del Delta del Po per toccare con mano i problemi creati dal cuneo salino, il direttore Massimo Chiarelli e il presidente Lauro Ballani hanno tracciato il bilancio di un 2022 difficile sia per le aziende agricole che per l’associazione agricola.
“Nonostante l’impennata dei costi energetici e i maggiori obblighi dovuto alla nuova Pac (Politica agricola comune), Confagricoltura ha chiuso senza problemi con con un bilancio in pareggio – ha spiegato Chiarelli -. Abbiamo dovuto assumere persone in più per far fronte alle nuove incombenze amministrative a cui le aziende sono tenute ad ottemperare. Lavorano con noi tra associazione e società di servizi oltre 50 dipendenti tra tempo indeterminato più alcuni a tempo determinato. La nostra situazione strutturale resta solida, con i soci cresciuti a quota 2.318 per circa 80.000 ettari e sette uffici di zona di cui quattro in proprietà. Da ottobre unificheremo le due sedi di Ficarolo e Fiesso Umbertiano in un nuovo stabile a Occhiobello, ottimizzando così la presenza del personale e dei tecnici”.
I settori più in difficoltà
Il presidente Ballani ha tracciato una panoramica dei settori agricoli più in difficoltà, cioè seminativi e frutticoltura, mettendo in luce le criticità di quello che è stato il granaio della Repubblica Veneta. Tutt’ora le coltivazioni più rappresentative del Polesine sono il frumento tenero (23.800 ettari), frumento duro (12.500 ettari), orzo (3.000), mais (31.000), soia (32.700), erba medica (6.200), riso Igp Delta del Po (700) e barbabietola da zucchero. “Con la siccità dell’anno scorso abbiamo avuto cali produttivi del 60% per il mais, del 50% per grano e soia, del 40% per la barbabietola – ha detto Ballani -. Per converso abbiamo registrato maggiori costi per concimi, gasolio e irrigazione. La maggior parte delle aziende è rimasta esclusa dai ristori previsti dal decreto siccità, in quanto i parametri per accedervi erano restrittivi e le pratiche hanno richiesto tempi lunghissimi per essere evase. Una beffa, perché abbiamo raccolto quasi niente. Questo significa che molte aziende non hanno recuperato le perdite e che guardano con apprensione all’estate 2023, perché se è vero che ha piovuto, è vero anche che gli invasi a monte non sono pieni e che in luglio e agosto potremmo ritrovarci con le grane dello scorso anno. Avanzata del cuneo salino compresa. Bisogna accelerare sulle soluzioni: migliore gestione del Po, bacini di laminazione, barriere antisale”.
Il settore frutticolo
Il settore frutticolo non sta meglio, tra le pere (580 ettari), le mele (500 ettari) e le noci (270). “Tra gelo, siccità, cimice asiatica e alternaria, le pere stanno scomparendo – ha avvertito il presidente -. Tra Giacciano, Badia e Lendinara gli agricoltori hanno compiuto investimenti importanti, ma se manca reddito non resisteranno a lungo. Servono misure compensative e un’accelerazione sulle Tea, le Tecniche di evoluzione assistita, da sperimentare in campo per arrivare ad avere mais resistente alla siccità, pere resistenti all’alternaria, vitigni che non patiscono il mal dell’esca o la flavescenza dorata. E meno burocrazia, che rende difficile portare avanti qualsiasi pratica: dal bonus carburante ai contributi per l’innovazione 4.0”.
La visita alle aziende
Il direttore generale Annamaria Barrile ha visitato le aziende di Antonio Bezzi, presidente del Consorzio risicoltori polesani, e l’azienda Ca’ Dolfin di Franco Arduini a Scardovari, che coltivano erba medica e riso. L’anno scorso, con la siccità e il cuneo salino risalito di 40 chilometri, le perdite furono altissime. “Investiamo in pivot e ranger, ma se non c’è acqua utilizzabile i nostri sforzi vengono vanificati – hanno spiegato gli imprenditori -. Bisogna fare presto con la barriera antisale che dovrebbe sorgere a Pila, per la quale è stato finanziato il progetto di fattibilità, ma anche Ferrara potrebbe aiutarci se, come pare intenzionata a fare, realizzasse un’altra barriera al Po di Goro”.
Barrile ha assicurato il suo interessamento: “Incontreremo le forze di governo per fare pressione sulle opere infrastrutturali necessarie – ha detto – . I cambiamenti climatici impongono un ripensamento delle politiche in atto fino ad oggi, con l’attivazione di tutti gli strumenti per ristorare i danni e una revisione delle nuove direttive europee, perché l’esigenza di sfamare milioni di persone in Europa deve portarci a tenere conto della realtà e non di visioni bucoliche impraticabili. La Pac è nata male e sta andando peggio, con il taglio del 15% delle risorse e vincoli che penalizzano un Paese virtuoso come l’Italia. Ci avevano detto che i tagli sarebbero stati compensati dai fondi del Pnrr, ma tra guerra, siccità e inflazione è stato raschiato il fondo del barile e le risposte vanno adeguate alla situazione”.