Agricoltura Veneto: Verona leader

Confagricoltura Verona

Le stime per il 2022 indicano una ripresa generale per l’agricoltura veronese, con uno scatto di 12 punti percentuali del valore aggiunto rispetto al 2021 anche grazie all’export, che torna a volare dopo l’emergenza Covid. Nell’attuale contesto di incertezza, per il 2023 gli indici previsionali indicano una lieve flessione, che tuttavia si profila inferiore alle altre province venete, ad eccezione di Rovigo. Verona mantiene comunque la posizione di leader in Veneto nell’agricoltura con più di 1 miliardo di euro di valore aggiunto, che equivale al 30% del totale regionale.

Sono i dati del report ‘Economia, agricoltura e agroalimentare Verona’ di Confagricoltura Verona, realizzato in collaborazione con l’Ufficio Studi Cgia di Mestre, illustrati al Centro Congressi Palaexpo di Veronafiere, che fotografano la salute del settore primario scaligero in confronto ai dati nazionali e veneti relativi al valore aggiunto, all’export, alla manodopera, all’andamento dei prezzi e dei costi di produzione. Verona appare nettamente in ripresa, con un valore aggiunto che nel 2022 sale a +12,2%, recuperando il gap del 2021 (-11,7%), ed è pari a 1,06 miliardi, pari al 29,6% sul totale regionale davanti a Treviso (23,9%), Padova (13,7%) e Vicenza (11,7%). Solo il settore delle costruzioni fa meglio, con +13%. Nel 2023, secondo le previsioni dell’istituto Prometeia, è previsto di nuovo un calo, anche se sarà lieve (-1,1%) e inferiore alla media veneta (-3,5%), con la sola Rovigo che potrebbe restare nel trend positivo (+0,7%).

Nonostante le congiunture negative degli ultimi anni legate alla pandemia e al conflitto russo-ucraino, a trainare il settore è l’export agroalimentare, che dal 2007 al 2021 è più che raddoppiato, passando da 1,61 miliardi di euro a 3,71 (+130%). Una crescita più veloce rispetto all’export complessivo di Verona (+61%). Un agroalimentare che, sul fronte delle esportazioni, vale quasi il 50% di quello veneto: 3,71 miliardi su 7,89. Oltre la metà dell’export (il 54%) è rappresentato dai prodotti alimentari, che nel 2021 hanno superato i 2 miliardi di valore esportato e che in 14 anni sono cresciuti del 229%, con un valore dell’export più che triplicato. Il saldo commerciale scaligero agroalimentare, dato dalla differenza tra il valore dell’export e dell’import, dal 2010 è positivo e cresce nel tempo, arrivando a superare nel biennio 2020-2021 oltre 700 milioni di euro annui. La spinta dell’export agroalimentare veronese continua nel 2022, con 1,9 miliardi di euro nei primi sei mesi e un +5% rispetto allo stesso periodo del 2021.

Le note dolenti del settore sono sul fronte dei costi, che nel 2021 vedono un punto di rottura con la prima fiammata del costo dei fertilizzanti e dell’energia, che nel 2022 risultano nel primo caso triplicati rispetto al 2019 (Urea a 900 dollari) e il doppio per quelli energetici. Un trend che non cambierà nel 2023, con valori ancora elevatissimi, come testimonia la risalita in novembre dei prezzi dell’energia elettrica sopra i 300 euro per megawattora negli ultimi giorni. Stessa tendenza per il gas naturale, schizzato oltre i 100 euro per megawattora. Parallelamente anche i prezzi dei prodotti agricoli sono in risalita: negli ultimi 12 mesi si registra un +20%, un aumento che assorbe in parte i maggiori costi, ma più per alcuni settori rispetto ad altri. Gli incrementi sono più contenuti per le coltivazioni (+10,1%) e più elevati per la zootecnia (+31,3%), con avicoli e latte in testa. Ma se i cereali (+24,1%) e gli ortaggi (+27,4%) sono pagati meglio, piange il settore frutticolo, che perde il 17,4% in valore. La ragione di scambio, cioè il rapporto tra l’indice dei prezzi e quello dei mezzi di produzione, diminuisce di 5 punti in dodici mesi, traducendosi in una rilevante riduzione dei margini.

Altro dato negativo è il calo della manodopera. Se Verona è la provincia con il numero più elevato di addetti nelle campagne (22.600 unità di lavoro standard nel 2022, il 25% del totale regionale), si nota tuttavia un gap rispetto ai 28.500 lavoratori del 2019. Anche nel 2023 è prevista una flessione numerica, ma con una sostanziale tenuta: lieve calo da 22.600 a 22.500 addetti. In generale l’agricoltura veronese e veneta conferma di aver superato senza danni enormi la bufera della pandemia, come dimostra il dato regionale dell’ultimo triennio che vede il valore della produzione salire da 5,6 miliardi a 6 miliardi. A preoccupare, però, è l’emorragia incessante di imprese, confermata dal censimento agricoltura 2020 dell’Istat. In Italia, tra il 1982 e il 2020, si sono perse oltre 2 milioni di aziende, di cui 487.000 solo nell’ultimo decennio. Il Veneto, dal 2010 al 2020, perde per strada 36.367 aziende agricole, scendendo da 119.384 a 83.017, pari al 30%. Tuttavia, in controtendenza con il resto dello Stivale, registra un aumento della Sau (superficie agricola): 24.000 ettari rispetto al 2010. Più ettari, quindi, divisi tra un numero minore di aziende agricole. Questo significa che a salvarsi sono le società più strutturate, che crescono in termini di dimensioni e di terreni.

Commenta il report Alberto De Togni, presidente di Confagricoltura Verona: “Grande soddisfazione per aver presentato dei dati che certificano, in maniera inequivocabile, che Verona è la prima provincia del Veneto, dal punto di vista agricolo, e tra le prime in Italia. Un primato fondato sui numeri che ci ha fornito una realtà importante e riconosciuta a livello nazionale, come la Cgia di Mestre. Nel report spicca un dato negativo, cioè un calo molto consistente a livello nazionale del numero delle aziende agricole, ma che anche in Veneto è importante. Di contro c’è da rilevare che, dagli anni Ottanta ad oggi, le dimensioni medie delle aziende agricole sono raddoppiate. Siamo passati da una media aziendale di cinque ettari a quella odierna di undici. Non sono dimensioni confrontabili con le grandi nazioni agricole del mondo, ma certificano un miglioramento della strutturazione aziendale e di conseguenza, ci auguriamo, un aumento della competitività delle imprese, che potranno cercare di stare sul mercato in maniera più serena”.

Analizza i dati sotto il profilo squisitamente economico Renato Mason, segretario di Cgia Mestre: “L’agricoltura rappresenta un settore importante e cruciale per il successo economico dei nostri territori e del Bel Paese; insieme all’industria alimentare e delle bevande esporta più di 50 miliardi di euro e il ruolo di Verona è primario con l’export agroalimentare, che vale quasi la metà del totale regionale. Tuttavia l’agricoltura è particolarmente colpita dall’aumento dei prezzi delle materie prime, energetiche e dei tassi di interesse, elementi che contribuiscono a ridurre ulteriormente i già risicati margini, mettendo a rischio una filiera che rappresenta uno dei punti di forza dell’economia veronese”.

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