Ambasciatori del Gusto: incontro a Taormina, tutte le dichiarazioni

“È importante essere qui, è fondamentale stare insieme, trovarci, scambiarci pensieri e idee, complimentarci per le cose belle e darci un abbraccio per sostenerci anche nei momenti più delicati. La forza della nostra associazione siamo tutti noi, insieme. Il valore delle persone è imprescindibile”. Così Alessandro Gilmozzi, presidente dell’Associazione italiana Ambasciatori del Gusto (AdG) ha aperto il convegno annuale, dopo due anni di stop causati dalla pandemia, che si è tenuto a Taormina. Sono arrivati oltre cento associati da tutto il Paese. L’iniziativa ha ricevuto il patrocinio del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali (Mipaaf), della Regione Sicilia, di VisitME Messina, di Unioncamer Sicilia e della Camera di Commercio di Messina. A riportare le dichiarazioni è Foodaffairs.

Presenti il sindaco di Taormina, Mario Bolognari, e il primo cittadino di Messina, Federico Basile, dove si era svolta la prima giornata di lavori lo scorso 26 settembre.

Al Palazzetto dei Congressi si sono ritrovato cuochi, imprenditori, manager e docenti universitari. L’obiettivo è stato proporre un momento di analisi, riflessione e dibattito. Macro-focus la gestione del personale e la necessità di innovare.

“Sostenere il nostro mestiere. Siamo artigiani che elaborano gli ingredienti preziosi determinando, ahimè, un coefficiente costoso. O si applicano i costi adeguati o saremo spazzati via da una concorrenza competitiva che probabilmente abbasserà la qualità. In Italia ce ne sono tanti, ma la concorrenza ormai non è più solo nazionale, nemmeno nel nostro territorio” ha detto Enrico Bartolini, Ambasciatore del Gusto e Chef-Patron, che ha aperto il convegno: “Il mio pensiero è contemporary classic. Anzi lo era. Ora è talento e territorio. Perché devo andare in un ristorante prestigioso? Perché mai dovrei spendere molto denaro in un ristorante? Ci vado se il talento è espresso in modo unico in un preciso territorio. Deve valere il viaggio e se ancora non lo vale devo percepire che quello è lo spirito e io cliente mi metto in quel percorso come tifoso”.

Talento, capitale umano, giovani. Il tema da un punto di vista sociologico, manageriale ed economico è stato illustrato dall’Ambasciatore del Gusto e professoressa di Antropologia, Elisabetta Moro, dall’Ambasciatore del Gusto a manager Ilaria Puddu, dall’imprenditrice Aya Yamamoto, e dall’esperto vertical leader ho.re.ca. Di Manpower Group, Stefano Pregel.

“La vita è cambiata dopo il Covid. I più giovani hanno atteso a lungo di iniziare a lavorare. I nativi digitali sono diversi, hanno vissuto processi di educazione che li hanno anche confusi: per secoli l’educazione è sempre stata discendente dagli adulti ai giovani mentre ultimamente si è rovesciata, specie per la parte tecnologica. Gli ha dato l’illusione che i processi di apprendimento siano istantanei mentre sappiamo che essi devono essere lunghi e complessi. Questo rende per loro ancora più difficile attendere il compimento di un processo di formazione. Vivono in un processo di seduzione e desiderio i cui valori sono diversi dai nostri. Una nuova idea di realizzazione di sé: ecco perché i più giovani sognano una vita senza sofferenza, senza sacrificio, senza subordinazione e sottomissione. Fattori che rendono particolarmente infelice la loro esistenza mentre per noi erano fasi da sopravvivere in attesa di una ricompensa”

“Molti hanno così cambiato lavoro, e i più giovani cercano oggi lavori sicuri con molte garanzie. Si sentono facilmente sottopagati e sfruttati. Serve a mio parere una sorta di coinvolgimento nel loro posto di lavoro e un sistema di benefit che li faccia proseguire: la nostra è una società che dà bonus. I benefit potrebbero riguardare lo studio e i corsi di formazione. Capirsi tra generazioni è sempre stato un problema ma presuppone che gli adulti si mettano in una posizione di ascolto vero verso i più giovani. Il grande tema è coinvolgere i più piccoli e tutti i collaboratori in un progetto di Made in Italy di cui essere orgogliosi. Fargli capire che il Made in Italy è il loro petrolio verde che gli permetterà di avere una vita migliore di altri” ha spiegato Elisabetta Moro.

Ilaria Puddu ha raccontato che nelle sue molteplici aziende il personale è considerato la forza assoluta da ascoltare, allenare, difendere. Ciò permette di conoscere aspettative e soft skills che possono diventare un punto di forza impensato. “È anche una questione di fiducia. E di responsabilizzazione. Il tema degli orari lavorativi non può non essere preso in considerazione cercando di restituire a ciascuno quel qualcosa che oggi ricercano, rendendoli sempre responsabili del proprio ruolo in azienda”.

Aya Yamamoto ha stimolato la platea a riflettere sui superpoteri dei propri dipendenti, condividendo il concetto di ‘ikigai’, ossia l’unione tra ciò che mi piace fare, ciò che so fare e ciò che serve al mondo che io faccia.

Serve un cambio di rotta, culturale prima che operativo. La conferma dai numeri riportati da Stefano Pregel: il 43 per cento dei datori di lavoro nella ristorazione e hotellerie vuole assumere personale nel quarto trimestre, il 18 per cento prevede un calo nella forza lavoro. Il 74 per cento dei datori di lavoro ha difficoltà nel reperire hard skills e soft skills richieste.

“Durante il lockdown molte persone hanno ripensato al loro worklife balance, hanno apprezzato ritmi più lenti, altri hanno subito perdite importanti che hanno notevolmente ridotto la propensione al “sacrificio”.

Non è solo questione di orari, retribuzione e tempo libero, se ci poniamo dal punto di vista delle aziende, oltre a mancare candidati disponibili, mancano anche competenze. Il 58% delle imprese nella ristorazione lamenta la scarsità di competenze specifiche di settore unite a nuove competenze digitali. Occorre quindi lavorare su due fronti: la proposta e la formazione. La proposta deve tener conto di nuove esigenze e deve restituire un ascolto attivo: oggi i candidati sono disponibili a lavorare sodo, ma desiderano worklife balance e welfare, benefit, non necessariamente esprimibili in retribuzioni maggiori, ma orari calibrati, minori turni nei giorni festivi, più formazione, bonus erogabili in welfare e soprattutto maggior stabilità contrattuale, più garanzie e prospettive a lungo termine”.

“Oggi i candidati, in tutti i settori, sono cambiati e così cambia anche la modalità di comunicare a loro le opportunità di lavoro. È cambiata la semantica degli annunci: spariscono parole come “cerchiamo, richiediamo” per lasciare il posto a “cosa offriamo”. Al centro del processo di selezione che parte dal reclutamento deve stare il candidato, che deve comprendere al meglio i vantaggi per sé stesso e quale è lo scambio richiesto. Deve potersi identificare nell’azienda per la quale formarsi e lavorare. Deve comprenderne i valori, il clima e intravedere la possibilità di poter contribuire in modo integrato e attivo al successo dell’organizzazione per la quale si sta candidando. Ecco perché anche il settore della ristorazione sta lavorando per ribaltare gli stereotipi legati al settore (precarietà, stagionalità, candidati usa e getta) e per generare una nuova cultura”.

Il cambiamento culturale passa, naturalmente, dall’evoluzione tecnologica. A parlare è Vittorio Borgia, Ambasciatore del Gusto e imprenditore, che ha condiviso la sua esperienza di innovatore in tema di cashless, spiegando i valori della digitalizzazione per le aziende della ristorazione.

A chiudere l’incontro il contributo di Paola Sarco, Exhibitions manager di Tuttofood Fiera Milano, che insieme al presidente AdG, ha annunciato l’esclusiva collaborazione tra i due enti in occasione della prossima kermesse internazionale, programmata dall’8 all’11 maggio 2023.

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