Frutta: esportazioni in calo nel primo semestre del 2022

Non arrivano buone notizie per le esportazioni di frutta del primo semestre 2022. Come fa sapere Fruitimprese su dati Istat, abbiamo avuto un -3,8 per cento in valore e un -6,8 per cento in quantità. E questo accade dopo un 2021 da record, in cui le esportazioni di ortofrutticolo italiano avevano registrato un valore maggiore di 5,2 miliardi di euro (+8,3 per cento sul 2020), con un saldo sulla bilancia commerciale di più di un miliardo di euro. Lo fa sapere il sito Italiafruit.net.

In questi primi sei mesi del 2022, in difficoltà in particolare la frutta fresca (-7,68 per cento) e gli agrumi (-15,2 per cento). Le pere fanno segnare addirittura – 60,5 per cento, mele e kiwi si confermano come i prodotti più esportato con 500 milioni di euro per le prime e 283,5 milioni di euro per i secondi.

In crescita le importazioni: agrumi (+38,6 per cento), legumi-ortaggi (+32,8 per cento), frutta fresca (+25 per cento). I prodotti maggiormente importati sono banane, ananas e avocado, i pomodori vanno al secondo posto dopo le banane in graduatoria, con un valore di 97 milioni di euro e una crescita che avvicina l’80 per cento.

Guardando ai volumi, le quasi 2 milioni di tonnellate superano l’export (1,7 milioni di tonnellate), il che significa tracollo per la bilancia commerciale, passata da 635 milioni di euro nei primi sei mesi del 2021 a 115 milioni di euro nel primo semestre del 2022, il che significa un saldo in calo dell’81,9 per cento. Secondo Fruitimprese, hanno pesato i contraccolpi derivanti dalla guerra, la crisi energetica e il commercio internazionale in contrazione. Le aziende del settore hanno ridotto “l’attività nel mercato interno e in quello di esportazione, a causa di una perdita progressiva di competitività dovuta alla crisi che sta investendo le economie occidentali”.

Il presidente di Fruitimprese, Marco Salvi, così commenta i dati: “Se dal lato delle importazioni le imprese italiane confermano la loro vitalità e capacità di cogliere le occasioni che il mercato offre, fungendo sempre più anche da hub logistico per il resto d’Europa – come conferma la crescita costante dell’export dei prodotti tropicali – il nostro Paese rischia di perdere il primato nella produzione e nell’export di molti prodotti”.

L’allarme sui costi era stato lanciato da Fruitimprese a dicembre 2021, quando ancora in Ucraina eravamo solo alle minacce, ma i rincari erano già alla porta: “Oggi la situazione è divenuta insostenibile e senza una presa di coscienza da parte di chi i prezzi li stabilisce (nonostante la recente normativa sulle pratiche sleali), porterà ad un drammatico ridimensionamento del settore con cadute pesantissime in termini di posti di lavoro nel settore ortofrutticolo e nel suo importante indotto”.

“I produttori e le aziende agricole e commerciali, che finora hanno garantito le forniture dei prodotti ortofrutticoli freschi e trasformati – continua Salvi – non possono più far fronte da soli agli aumenti dell’energia (+300%), dei trasporti internazionali (+100%), dei prodotti per il confezionamento (+30-70%). E’ necessario che la distribuzione nazionale ed estera abbandoni il ruolo di paladini dei consumatori, che spetta invece alle istituzioni, e prenda coscienza di uno stato di fatto che sta obbligando molti operatori a rinunciare alle forniture o addirittura, se non cambiano le condizioni, a non riprendere l’attività per le campagne autunnali e invernali”.

I dati sui consumi in Italia sono in caduta “ma non saranno le continue promozioni su prodotti anche di primizia a rilanciarli, soprattutto se le famiglie non avranno reddito da spendere perché sono stati persi tanti posti di lavoro o perché vessate dal caro bollette”.

L’Unione Europea ha pesanti responsabilità per la situazione che stiamo vivendo, conclude Salvi: “Da un lato si sta dimostrando non all’altezza di gestire la crisi energetica, con un atteggiamento passivo e poco lungimirante, mentre dall’altro – con la proposta di regolamento sulla riduzione dei prodotti fitosanitari – si mostra decisa e inflessibile e rischia di decimare le produzioni agricole italiane ed europee. E’ il momento che ognuno faccia la sua parte altrimenti questa fase economica potrebbe decretare il definitivo declino di un settore tra i più importanti dell’agroalimentare italiano”.

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