C’è chi invoca la presenza dell’’esercito per “combattere” l’invasione dei cinghiali. Che hanno avuto il massimo della ribalta qualche giorno fa quando tutti i presidenti delle regioni e delle province autonome, i loro assessori, si sono riuniti in loro nome a Roma, per capire cosa si deve fare per scongiurare quello che diventando una emergenza nazionale. Però gli assessori regionali lo sanno benissimo quello che si deve fare, perché sono nel territorio e conoscono i problemi, gli umori della gente. E conoscono anche quello che non si deve fare. Mirco Carloni, assessore delle Marche ritiene inaccettabile che le commissione parlamentari non abbiano ancora affrontato di petto il problema. Chissà perché! Intanto sembra che la linea degli assessori sia quello di un aumento del periodo di caccia, comunque una cosa palliativa che non risolverà alla radice un problema che sta dando cattiva immagine all’Italia coi cinghiali che partoriscono tranquillamente nelle strade cittadine di Roma. La lentezza del Parlamento è comunque inaccettabile: non riesce a modificare la legge che allarghi il tempo di caccia e dare alle regioni una parte importante nelle funzioni di controllo, norme, semplici e di buon senso, che hanno un consenso pressoché unanime. Perché, a stringere, con le buone o con le cattive, il numero dei cinghiali deve ritornare ad essere quello di qualche anno fa, un numero sopportabile, che dava alcun problema agli agricoltori ed ai cittadini, impauriti dalla peste suina e dalla crescente aggressività degli ungulati.
La proliferazione dei cinghiali? E’ ormai una guerra che combattono solo le regioni.
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