Vino artigianale e convenzionale: le differenze nel webinar di Vinitaly

Wine Meridian ha seguito il webinar di Vinitaly dal titolo ‘Il vino artigianale nella ristorazione’. Il mercato si sta aprendo a nuove esperienze e a nuove proposte. Una delle associazioni impegnate in tal senso è Vi.Te. – Vignaioli e Territori, che promuove i vini artigianali e naturali e dà spazio al sommelier.

In apertura ha parlato Gilda Musetti, membro del direttivo Vi.Te.: “Noi come Associazione Vi.Te – Vignaioli e Territori, oltre ad essere partecipi nei giorni del Vinitaly, cerchiamo sempre di ampliare il più possibile il nostro racconto. Oggi lo faremo attraverso il sommelier Matteo Circella e Gabriele Da Prato, presidente di Vi.Te e colonna portante dell’associazione”

“Siamo una nicchia che oggi ha una voce importante all’interno di una fiera come il Vinitaly. Ma cosa intendiamo per artigianalità del vino?” si domanda Matteo Circella, sommelier vincitore nel 2021 del Premio Speciale Guida Michelin come miglior Sommelier d’Italia, gestore della cantina del BiB Gourmand Guida Michelin La Brinca. “Quando parliamo di artigianalità, parliamo di un mondo del vino più legato alle persone, a una identità che racconta un lavoro, una idea, qualcosa che è ancora umano e non solo un prodotto finito che deve piacere o non piacere. Un prodotto meno standardizzato che può impaurire ma che rappresenta un unicum originale”.

“Io sono sostanzialmente un comunicatore del vino in sala” ha aggiunto Circella, “e comunicare qualcosa di non standardizzabile è più complesso. Significa prima analizzarlo e farlo proprio per poi trasferirlo ad altri ma senza l’ausilio di schede tecniche chiare e di un prodotto sempre uguale a sé stesso. Si tratta di una comunicazione che parte da una base diversa, non più da uno studio a foglio, a libretto ma da uno studio che mette al centro il produttore”.

Quali le opportunità e le sfide per i vini artigianali? Musetti: “Il momento più facile è stato scegliere questo percorso anziché uno più convenzionale, riuscire a trovare una propria identità e portarla avanti. La cosa più difficile è avere credibilità, quando abbiamo iniziato eravamo molto giovani in un territorio in cui questo approccio non è ancora conosciuto. Ora grazie ad interlocutori autorevoli questo scalino è stato superato”.

Per superare il problema di nicchia, secondo Circella, bisogna cercare aspetti nuovi e peculiari: “Abbiamo parlato di un prodotto non standardizzabile legato profondamente al terroir e che ogni anno può avere una storia diversa. Come si può raccontare questo mondo? Uscendo dalla nicchia, dal nostro mondo, riuscendo a proporre vini non convenzionali ad un pubblico più ampio. Prima di tutto bisogna utilizzare una comunicazione chiara, diretta e anche un po’ tecnica, sapere cosa si sta offrendo senza voler subito dare delle etichette (naturale, torbido, macerato). Io credo che possiamo arrivare ad un pubblico diverso attraverso un approccio più snello, più divertito ma comunque tecnico, attraverso una conoscenza precisa dei tratti distintivi di un vino artigianale”.

Gabriele Da Prato, altro membro del direttivo Vi.Te., si è confrontato con Circella sui cambiamenti della ristorazione e il suo rapporto con vini convenzionali e artigianali: “L’attenzione mediatica verso l’enogastronomia ha portato moltissime persone ad avvicinarsi a questo mondo” ha evidenziato Circella, “oggi l’oste deve essere sensibile non solo al prodotto che mette nel piatto ma anche al racconto di quello che c’è nel bicchiere, concentrandosi sui dettagli. Negli anni c’è stato sicuramente un interesse sempre maggiore per quello che è la proposta, qual è stata la determinante? L’uscita da schemi standardizzati e la possibilità di incontrare persone che hanno una visione differente della produzione di vino e trasferire questa idea al consumatore finale. Questo fa la differenza”.

Riprendendo il discorso sulla credibilità di Musetti, Circelloa ha rilevato che “ci giochiamo tanto sul tema della credibilità e la credibilità si costruisce spiegando i prodotti, fornendo una parte del proprio percorso di conoscenza che crea uno stimolo di crescita sia nel cliente che nell’oste stesso. Oggi la comunicazione deve essere snella ma chiara, identificativa con un approccio un po’ meno “giacca e cravatta” ma molto chiaro”.

Secondo Sasa Radikon, titolare della cantina che porta il suo nome, punto di riferimento in Friuli, “la grande differenza tra vino convenzionale e artigianale riguarda la digeribilità, un vino naturale si sposa molto meglio con il cibo perché di per sé non appesantisce la digestione. Questo ha un impatto anche sul mercato, perché una alta digeribilità permette un consumo maggiore, l’ho potuto verificare con l’esperienza diretta”.

Sulla questione generazionale, ancora Circella: “I giovani vogliono qualcosa di più personale che abbia una propria dinamica, la mia generazione ha vissuto pienamente un cambiamento di gusti anche in zone non prettamente turistiche. Approcciare le generazioni più giovani è senz’altro più semplice, ma non bisogna per forza spingere una persona che ha bevuto una certa tipologia di vino per 30 anni a provare qualcosa di nuovo. I Millennials hanno avuto per primi la necessità di un racconto diverso del vino, oggi vedo già una differenza rispetto a 5 anni fa. Se prima ero io che proponevo, ora spesso sono i clienti che mi chiedono un determinato prodotto e questo è indice del fatto che hanno già iniziato un determinato percorso personale”.

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