Nocciola: dalla Tuscia al Sudafrica

La Tuscia, nell’Alto Lazio, da più di 30 anni è vocata alla coltivazione della nocciola, tanto che qui nasce e cresce il 40 per cento di quelle italiane, circa 500 mila quintali. E qui vengono gli imprenditori del Sudafrica per scoprirne la gestione.

Trenta anni fa, grazie alle condizioni climatiche e alle caratteristiche dei terreni, molti agricoltori abbandonarono la coltivazione di viti e olivi per dedicarsi alla corilicoltura. Oggi, come scrive Repubblica, i noccioleti sono il centro di una rivoluzione green. Sempre più ‘intelligenti’, i coltivatori puntano a tutelare l’ambiente e a risparmiare rivolgendosi alla tecnologia, tagliando gli sprechi e massimizzando i profitti. Così facendo, i circa 25 mila noccioleti presenti nel Lazio diventano sempre più preziosi.

“Si tratta di una realtà in espansione – spiega Piero Brama, presidente della Cooperativa Produttori Nocciola – come coop stiamo raggiungendo e proseguendo negli scopi che ci siamo dati dal momento della costituzione relativi alla gestione della produzione da parte dell’industria, che ci libera dal peso della commercializzazione, e alla ricerca, per cui lavoriamo a stretto contatto con l’Università della Tuscia e abbiamo rapporti sia con il Cnr che con grandi aziende”.

Per fare risparmi sui costi di irrigazione e tutelare l’ambiente circostante, nella Tuscia sono stati messi a punto sistemi che calcolano l’umidità del terreno, vengono poi condotte ricerche sui patogeni per ridurre il ricorso a trattamenti e si sta puntando sul blochair per trasformare, tramite la combustione, la parte legnosa delle nocciole e utilizzare il carbone che rimane come ammendante. La Tuscia è ormai una scuola a cui vengono ad abbeverarsi da altre regioni, da altri Paesi europei e, come detto, dal Sudafrica.

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