Morti sul lavoro dal 2018: si contano 4.713 vittime

Mauro Rossato

“Come sempre il 28 aprile rappresenta una giornata molto significativa per un Paese come l’Italia in cui si continuano a contare più di mille vittime sul lavoro ogni anno e qualche centinaio di migliaia di infortuni. Per questo la Giornata Mondiale per La Salute e per la Sicurezza sul Lavoro deve diventare un’occasione preziosa di riflessione per tutti gli amministratori del nostro Paese e per chiunque si occupi di sicurezza sul lavoro: dai formatori ai responsabili della sicurezza aziendale, ai datori di lavoro”. A dirlo è Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio sicurezza sul lavoro Vega Engineering di Mestre.

A confermare l’emergenza arriva l’ultima elaborazione dell’Osservatorio sulla mortalità sul lavoro in Italia negli ultimi quattro anni. Da gennaio 2018 a dicembre 2021 si contano 4.713 vittime, con 811 morti durante la pandemia da covid tra il 2020 e dicembre 2021. Ma nel 2021, rispetto al 2020, è stato registrato un aumento dei casi di morte sul lavoro stimato in quasi il 40 per cento. La situazione è grave specialmente al Sud e al Centro.

Le maglie nere italiane sono tutte al centro sud. Molise, Basilicata, Abruzzo, Campania, Umbria e Puglia, alle quali si affianca la Valle d’Aosta, unica regione del nord finita in “zona rossa”. Tutte queste regioni, alla fine del 2021, hanno fatto registrare un’incidenza maggiore del 25 per cento rispetto alla media nazionale. (Im=Indice incidenza medio, pari a 42,5 morti ogni milione di lavoratori), questo secondo il sistema di classificazione dell’Osservatorio Sicurezza Lavoro di Vega Engineering le fa colorare di rosso.

Nelle regioni con la popolazione lavorativa più numerosa, e parliamo di Lombardia, Lazio e Veneto, le incidenze di mortalità si mantengono più basse nell’ultimo quadriennio.

“Tali elaborazioni non lasciano dubbi e diventano fondamentali per individuare le misure di sicurezza da attuare al fine di arginare il fenomeno degli infortuni e delle vittime. L’incidenza della mortalità, infatti – sottolinea Rossato – evidenzia correttamente e obiettivamente il fenomeno delle morti sul lavoro, consentendo un confronto tra le varie regioni al netto delle differenze nel numero di lavoratori presenti in ciascuna”.

Per quel che riguarda la denunce di infortuni (inclusi gli infortuni in itinere), nei quattro anni si è passati da 640.723 del 2018 a 641.638 del 2019, poi a 554.340 del 2020 e a 555.236 del 2021. Il decremento è stato in parte dovuto alla pandemia e al lungo lockdown, che hanno ridotto il numero di ore lavorate favorendo lo smart working.

Infine, l’Osservatorio Vega ha analizzato la mortalità per fasce d’età. A maggiore rischio sono gli ultrasessantacinquenni, con incidenza di mortalità sempre (o quasi) superiore a quattro volte la media nazionale. Per gli infortuni, i più a rischio sono invece i giovanissimi, con incidenza tripla rispetto alla media italiana.

“La disciplina in materia di sicurezza sul lavoro nel nostro Paese c’è ed è esaustiva – spiega l’ingegner Mauro Rossato – Ma non ne basta la mera lettura. Occorre applicarla. Serve a tal fine un’adeguata e diffusa formazione dei lavoratori e, anche, dei datori di lavoro e, contemporaneamente, più ispezioni e sanzioni. Non si possono considerare salute e sicurezza sul lavoro dei costi, bensì un investimento. Bisogna agire sulla prevenzione”.

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