Bolletta fuori controllo: la storia di una cooperativa di ortofrutta

Le prima avvisaglie c’erano state a ottobre dell’anno scorso, un mese dopo la bolletta dell’elettricità ha fatto sobbalzare dalla sedia più di un imprenditore dell’ortofrutticolo. Ma il peggio doveva arrivare a dicembre. Un salasso le feste di Natale per più di un’impresa. Tanto per fare un esempio, la cooperativa abruzzese Rimfruit ha pagato quattro volte gli importi di dicembre 2020, come ha raccontato a Italiafruit.net il suo presidente Italo Catenaro.

“A parità di consumi la nostra azienda paga 66.267 euro solo per la competenza di dicembre contro i circa 16.000 dell’anno precedente – illustra l’imprenditore – L’elettricità sta raggiungendo costi esorbitanti, fattori che non dipendono da noi e che spiazzano: ti dai un’organizzazione interna, lavori per ottenere il massimo della qualità, selezioni i fornitori, scegli i clienti… Ma qui si è letteralmente travolti da costi fuori controllo, per chi fa frigoconservazione è un disastro e la situazione muta anche la strategia commerciale dell’azienda. Se pensavo di portare avanti il kiwi fino a maggio, per gestire le vendite in modo più oculato, oggi è meglio chiudere la campagna il prima possibile”.

Rimfruit è specializzata in kiwi, pesche, susine e nettarine. Ha soci prevalentemente in Abruzzo, ma anche in Calabria, Lazio e Puglia. La commercializzazione dei prodotti è affidata a Catenaro Italo Srl, con sede a San Vito Chietino.

“Le previsioni per i primi mesi dell’anno non sono rosee, poi in primavera ci dovrebbe essere un assestamento – prosegue Catenaro – Ma se la mia azienda spendeva circa 120 mila euro per l’elettricità, quest’anno rischia di spenderne quasi 300 mila. E poi devo dire grazie all’impianto fotovoltaico… L’incidenza dell’energia sul chilo di frutta era di 2 centesimi scarsi, mentre oggi è di oltre 6: praticamente come certi imballaggi. L’incidenza diretta triplica, ma il caro energia si ripercuote anche sui fornitori e quindi anche i prezzi del packaging, tanto per fare un esempio, aumentano. E’ un vortice di aumenti e poi bisogna sempre sperare di avere i volumi di frutta, noi lavoriamo circa 60 mila quintali all’anno, cosa non sempre scontata visti gli andamenti delle ultime due annate”.

A fine 2020 il costo al Kwh era di 17 centesimi, a dicembre ha superato i 40, mentre nei prossimi mesi dovrebbe assestarsi a 31 cent. “Ma quando chiedi un piccolo aumento ai clienti non c’è nulla da fare, non c’è maniera di farlo passare – sbotta Catenaro – Per del kiwi calibro 30, che in media si vende tra 1,70 e 1,80, ho provato ad aumentare a 1,90 per fare avere una parziale compensazione di tutti i rincari del momento, ma nessuno mi ha risposto positivamente. Sono solo i distributori a poter fare qualche cosa per ridistribuire gli effetti di tutti questi aumenti e per avere soddisfazione, sia chiaro, dovrei vendere quei kiwi a 2,30 euro il chilo. Gli aumenti dei costi produttivi sono davvero fuori controllo, fanno tremare le gambe, ma fuori da noi addetti ai lavoro nessuno ha capito il fenomeno nella sua complessità: la politica nazionale è assente. Servirebbe far sentire la nostra voce – conclude Italo Catenaro – prima che si arrivi a un punto di non ritorno”.

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